Si è conclusa ieri la 50a Coppa del Mondo di sci alpino e per l’Italia il bilancio non può che essere largamente positivo, per certi versi addirittura eccezionale.
Spesso è capitato in passato che gli azzurri e le azzurre dessero il loro meglio nelle stagioni senza Mondiali e Olimpiadi e così è stato anche in quest’inverno. Non a caso le ultime coppe di specialità l’Italia le aveva vinte nel 2007-2008 con Manfred Moelgg nello slalom maschile e con Denise Karbon nel gigante femminile, stavolta ci è riuscito Peter Fill. Per lui vale lo stesso discorso fatto per Lara Gut: fortunato sì, perché se Aksel Lund Svindal non si fosse infortunato la coppa di discesa non l’avrebbe mai vinta, ma anche bravissimo a sfruttare l’occasione malgrado la tensione lo attanagliasse tanto da non fargli prendere sonno per giorni e giorni. Con i se e con i ma non si fa la storia e questo trofeo è una sorta di premio alla carriera per un atleta serio e umile che fino a quest’anno aveva sicuramente vinto meno di quanto avrebbe potuto, ma la soddisfazione di essere il primo italiano a portare a casa la coppa di discesa, cosa che neanche a Kristian Ghedina era mai riuscita, non ha prezzo.
Dominik Paris, dopo una prima metà stagione a singhiozzo, ha dimostrato nell’ultimo mese e mezzo tutto il suo potenziale, peccato per l’infortunio in prova a St. Moritz che ha impedito anche a lui, come a Svindal, di giocarsi fino in fondo le sue carte per il trofeo di discesa. Per il resto la stagione dell’Italia maschile, che pure con 71 piazzamenti tra i primi dieci ha battuto il proprio precedente record di 67, che venne ottenuto però in 27 gare nel 1974-1975 contro le 44 di quest’inverno, ha avuto qualche luce e alcune ombre di troppo, tanto è vero che gli azzurri non finiscono nemmeno sul podio della classifica per nazioni maschile chiudendo quarti: non accadeva da nove anni.
Tre le vittorie, due di Paris e una di Fill, e 14 i podi, 5 di Paris, 3 di Fill, 3 di Stefano Gross, uno a testa per Christof Innerhofer, il più incostante come rendimento tra i big azzurri, per Giuliano Razzoli, fermato sul più bello dall’infortunio di Kitzbühel, e per Massimiliano Blardone. E’ stato proprio il veterano a riportare sul podio dopo più di tre anni l’Italia del gigante, autrice di una stagione, Blardone a parte, decisamente deludente, e proprio Max ha dichiarato che il terzo posto conquistato a Naeba è stato il più importante della sua carriera perché gli ha permesso di lasciare l’attività con un bel ricordo. E’ stata decisamente da record invece la stagione dell’Italia femminile.
Le azzurre si sono piazzate seconde nella classifica per nazioni dietro alla dimezzata ma pur sempre inarrivabile Austria: solo una volta le italiane avevano chiuso così in alto in classifica, nella stagione 2002-2003, ma il merito per larga parte fu di Karen Putzer, stavolta è stato merito del collettivo. Ben cinque ragazze, e cioè Federica Brignone, Nadia Fanchini, Johanna Schnarf, Elena Curtoni e Francesca Marsaglia, si sono piazzate nelle prime 25 della classifica generale e tutte e cinque, mai successo con così tante atlete da quando il punteggio di Coppa del Mondo è cambiato nella stagione 1991-1992, hanno toccato o ampiamente oltrepassato la fatidica quota di 400 punti, che fino a pochi anni fa garantiva l’accesso alle finali di Coppa del Mondo in tutte le gare, non va dimenticato poi che Brignone è andata a punti in tutte le specialità.
Inoltre le azzurre hanno chiuso quarte nella classifica di discesa ma a soli 76 punti dall’Austria e prime in quelle di superG e di gigante, hanno letteralmente polverizzato il precedente record stagionale di piazzamenti totali tra le prime dieci, 44, che risaliva al 1993-1994: quest’inverno ne hanno inanellati ben 70! Resta tuttavia la sensazione che si sarebbe potuto fare ancora meglio soprattutto in gigante, specialmente alla luce delle tante prime manche negative tra le porte larghe poi riscattate nelle seconde: è vero che 10 podi totali stagionali (6 di Brignone, 2 di Nadia Fanchini, 1 della veterana guerriera Daniela Merighetti e 1 di Elena Curtoni) non c’erano da sette anni e che almeno tre vittorie stagionali (2 di Brignone e una, la più memorabile, di Nadia Fanchini a La Thuile) non c’erano da otto, ma i record assoluti per l’Italia femminile, 20 podi e 10 vittorie nella magica stagione 1996-1997, sono rimasti ben lontani.
Non c’è dubbio tuttavia che questa sia stata una stagione straordinaria per le nostre donne dello sci alpino ma non deve essere un punto di arrivo bensì di partenza per fare ancora meglio nell’immediato futuro, magari creando una squadra di polivalenti con Brignone nel ruolo di leader e della quale facciano parte le atlete andate oltre i 400 punti più Sofia Goggia e Marta Bassino.
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