Il c.t. Gouadec lancia l’Italia dello short track: “Pronti a ricominciare”

Il c.t. Gouadec lancia l’Italia dello short track: “Pronti a ricominciare”
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Francesco A. Armillotta

Short Track

Il c.t. Gouadec lancia l’Italia dello short track: “Pronti a ricominciare”

La coppia tecnica che ha portato a livelli altissimi lo short track italiano si è ormai sciolta. Ma Kenan Gouadec, dallo scorso giugno nominato commissario tecnico unico del pattinaggio in pista corta, c'è e guarda avanti con fiducia, esperienza e molti atleti su cui puntare per il nuovo ciclo olimpico che porterà al 2018. Il giovane tecnico canadese classe 1978 sarà a bordo pista per l’inizio ufficiale della stagione alla KSNB Invitation Cup, al via domani a Heerenveen (Olanda). Dunque sarà lui l’unico tecnico azzurro, dopo i tre anni passati al fianco del connazionale Éric Bédard (da quest’anno alla guida della Francia), al timone condiviso della Nazionale italiana. Anni culminati con le tre medaglie olimpiche 2014, conquistate da Arianna Fontana (due nelle gare individuali e una con le compagne della staffetta donne) e chiusi con il bronzo mondiale proprio dal quartetto femminile, a Montréal.

Gouadec è già ripartito con i primi due raduni sulla pista di Courmayeur tra i mesi di settembre e ottobre e la preparazione in vista della nuova stagione è giunta al suo culmine. Abbiamo raccolto le sue impressioni riguardo al futuro del suo ciclo appena iniziato e che porterà al nuovo assalto olimpico nel 2018. Quattro anni per poter costruire una squadra competitiva verso l’appuntamento che tutti sognano, archiviate ormai le gioie di Sochi: Pyeongchang 2018. La strada è lunga, ma il lavoro è iniziato e si è avviato già a 360°. Ovviamente però, la stagione 2014-2015 ha già portato alcune certezze. In primis, Gouadec potrà avere la fortuna di lavorare con buona parte dei componenti dei gruppi azzurri all’ultima Olimpiade invernale, ma prevede già di inserire alcuni giovani tra i più promettenti, che visionerà da vicino con grande frequenza. Poi, ha chiarito che il 2015 sarà per la fuoriclasse azzurra Arianna Fontana (che a fine Olimpiade non aveva escluso un suo possibile ritiro dalle scene) un’annata meno impegnativa, in funzione di una preparazione mirata al 2018. Tiene aperte le porte a Martina Valcepina, bronzo olimpico in staffetta, e oggi impegnata a crescere le sue due gemelle (Camilla e Rebecca) nate nel mese di settembre. E poi, ovviamente, gli abbiamo chiesto del futuro confronto con il suo ex collega Bédard, che era arrivato in Italia nel 2010-2011 e a distanza di un anno aveva portato con sé proprio Gouadec.

 

Gouadec, dunque il debutto ufficiale in gara è alle porte… Ci siamo.

«Sì, siamo pronti per la prima gara della stagione che arriva in questo weekend - spiega Gouadec – cominciamo da Heerenveen, in una gara che solitamente segna sempre l’esordio stagionale. Sono molto contento del fatto che riusciremo ad essere in Olanda quest’anno perché ci sono quasi tutte le Nazionali più forti d’Europa, con l’eccezione di Francia e Russia, ma è in pratica un mini campionato europeo. Partecipare, però, ci permetterà da una parte di vedere il livello della nostra squadra e dall’altra anche quello degli altri team. Una bella gara di sicuro».

Ripercorrendo un po’ gli ultimi mesi, dalla fine della scorsa stagione a oggi, come si è sviluppata l'idea che l'ha condotta  a diventare nuovo c.t. italiano? La notizia ufficiale arrivata quattro mesi fa... Nel frattempo c’era un po’ d’incertezza tra la scadenza del contratto e la nuova firma?

«Credo sia stata un’incertezza normale. Il lavoro dell’allenatore a questi livelli mette in conto un certo livello d’indecisione. Capita spesso che, al termine di un ciclo olimpico, esistano dei contratti che vanno in scadenza, passato ogni quadriennio. È il normale ciclo in questi tipi di lavoro: anche nel calcio ci sono le stesse dinamiche per i tecnici. C’è ricambio per diverse ragioni. Così è stato anche per lo short track e noi tecnici mettiamo in conto tutto. Per quanto riguarda il processo che ha portato alla mia nomina – chiarisce il tecnico canadese - direi che si è svolto tutto per il meglio. Solo la concomitante elezione per la presidenza della Federazione Ghiaccio (svoltasi il 31 maggio 2014 che ha visto la designazione di Andrea Gios succeduto a Giancarlo Bolognini, ndr) ha allungato un po’ i tempi. Con Éric Bédard avevamo presentato un piano a fine stagione che prevedeva la possibilità di rimanere insieme, vista l’esperienza alla guida tecnica e gli automatismi che si erano creati nel corso dell’ultimo triennio in due. Abbiamo poi parlato con la Federazione presentando il nostro piano. Purtroppo i tempi in attesa di una risposta certa si sono allungati. Nel frattempo lui ha ricevuto un’offerta importante dalla Francia e, con la situazione ancora bloccata in casa Italia, ha deciso di accettare la nuova proposta, che lo favoriva anche a livello familiare. Io invece avevo la possibilità di attendere ancora una risposta certa e l’accordo è arrivato, ovviamente sistemando i particolari e avendo un progetto tecnico per puntare all’alto livello. Di certo, oggi, dopo una stagione così intensa e vincente si vuole sempre ripartire al meglio».

Questo suo nuovo ruolo da c.t. unico è un altro passo in avanti per lei. Nuovi impegni di responsabilità rinnovati e una nuova sfida. Cosa va a cambiare a livello pratico, lavorando da solo?

«Di certo manca la condivisione del lavoro. È un po’ più impegnativo. Ma alla fine della giornata sei da solo per tracciare un bilancio delle tue decisioni e del tuo metodo. In questo senso è più facile e prendi delle decisioni in autonomia. Poi c’è da dire che un aiuto ce l’ho seppur non sia ancora fisso. In questa prima parte di stagione, infatti, mi hanno affiancato sia Ermanno Ioratti sia Matteo Anesi. Quest’ultimo ci sarà nelle prime gare e sono i due che ho scelto personalmente per venire a darmi una mano. Dunque non sono l’unico a gestire il tutto».

C’è in programma di stabilizzare le cose?

«C’è per quest’anno un aspetto di fondo che dovrà essere risolto. A giugno, entrambi avevano già programmato la stagione in funzione della loro collaborazione con la Nazionale di pista lunga. Questo già prima della mia firma come nuovo c.t. E quindi gli impegni che avevano già programmato sono rimasti tali. Ciò non garantisce la loro sicura presenza per tutto l’anno. Ma l’aspetto positivo è che sono riuscito finora ad avere o uno o l’altro in diversi periodi, ma sempre al mio fianco».

Il fatto che vengano entrambi dalla pista lunga, ha portato a novità anche dal punto di vista della preparazione?

«La cosa bella è che hanno portato un modo diverso di vedere le cose, che non viene esclusivamente dal mondo dello short track italiano. Arrivando dalla pista lunga, ci sono altre visioni, più ampie. Avere il loro feedback a porte chiuse mi dà nuovi elementi per allenarsi al meglio. Tutto questo non può che aiutare. A livello tecnico, la base della spinta tra pista corta e lunga è sempre la stessa. Sì, ci sono piccoli dettagli differenti nei movimenti, ma fondamentalmente non cambia nulla o quasi tra preparazione a secco ed esercizi tecnici sul ghiaccio. In “lunga” conta molto di più lo scivolamento: e confrontarsi su questo aspetto con loro dà sicuramente nuovi elementi per migliorarsi. Alcuni piccoli aspetti di tecnica sono già stati affrontati, ma col tempo avremo più occasioni per provarli».

Inevitabile parlare dei singoli e soprattutto di Arianna Fontana: alla fine della scorsa stagione era indecisa sul ritirarsi dalle gare. Non ha nascosto, tra la scorsa primavera e l’estate (con in mezzo il matrimonio con con l'ex collega Anthony Lobello), la necessità di prendersi del tempo per decidere anche in base all’eventuale conferma delle guide tecniche. Lei ha parlato con Arianna prima e dopo la sua firma come unico c.t.? E in che modo ha inciso anche il suo ruolo nel prosieguo della sua carriera verso i Giochi Olimpici 2018?

«Direi che è stata una cosa molto naturale. Io sono sempre dell’idea che non bisogna “convincere” mai nessun atleta in questi casi. Se si arriva già da un presupposto simile, per me equivale a dire che quell’atleta ha già smesso. Non si può forzare nessuno. Dipende tutto da loro: si tratta della loro vita e se si hanno stimoli nel pattinare, nell’allenarsi, nello stare spesso lontani da casa e spesso in trasferta, facendo sacrifici, va bene. C’è da dire che quella del pattinatore è una bella vita, ma è altrettanto difficile. Arianna ha valutato questi fattori è ha deciso di continuare. Non c’è voluto nessun intervento. Certo ero in contatto con lei e gli altri componenti della squadra, in quel periodo. Ma non dovuto convincere nessuno».

Parliamo dei primi raduni. In questi due mesi ha convocato molti ragazzi della Nazionale Juniores in prima squadra. Fa parte della “mission” di portare avanti lo short track ad alti livelli in un Paese che non ha grandi numeri?

«Ho lavorato tre anni in Italia e rimarrò qui sicuramente per altri quattro. L’obiettivo rimane lo stesso: portare ancora più in alto il livello di questo sport. Adesso, fino alle prossime Olimpiadi invernali, ci sarà più tempo per lavorare con tranquillità soprattutto con i giovani. In questo periodo si può dare un aiuto tecnico alle società e a inserire i più promettenti in prima squadra. Lo sto già facendo, con un raduno al mese con cinque maschi e altrettante femmine della categoria Junior e che vengono ad allenarsi con la squadra “A”. Una volta valutati e conosciuti, ho anche più tempo per chiamare i più promettenti con continuità. Vedendo il livello dei più forti, si possono preparare per un eventuale inserimento in Nazionale maggiore. Non sarà subito, ma credo che parte della squadra olimpica del 2018 vedrà senz’altro protagonisti nuovi. In Italia, i praticanti sono pochi, si è spesso riusciti a curare e sviluppare dei talenti che poi si sono confermati ad alti livelli ma vanno curati e sviluppati nel futuro. Comunque ci sono dei buoni segnali, per la prima prova di Coppa Italia ci sono 170 iscritti: nei numeri in grande aumento c’è anche la possibilità di avere più gente che si avvicina a questa disciplina, più visibilità e magari anche la possibilità di formare qualche campione in più nel futuro. Anche per via dell’effetto olimpico».

Dopo la scorsa stagione ci sono state delle uscite importanti dalla squadra - alcune definitive e altre provvisorie -, soprattutto al femminile: da Cecilia Maffei, passata alla pista lunga, a Martina Valcepina, diventata mamma di due gemelle un mese fa. Com’è la situazione per quanto riguarda la staffetta donne, di cui quest'ultime sono state parti integranti in questi anni?

«Sì, sono successe diverse cose da Sochi in poi. Però mi baso sul confronto con le altre squadre, perché in pista e nella staffetta, si deve sempre guardare a quello. E ho visto che tra i quartetti olimpici siamo quelli che abbiamo confermato più componenti. Noi, in fin dei conti, quest’anno ne avremo tre su quattro (Fontana, Peretti e Viviani) che hanno vinto una medaglia a Olimpiadi e Mondiali nel 2014. Il Canada ne ha solo due, così come gli Stati Uniti, mentre l’Olanda adesso soltanto una. C’è da capire bene a che livelli siamo in questo nuovo contesto e cosa c’è da fare. Sicuramente la staffetta è già ben rodata. Il livello delle quattro sul ghiaccio più delle altre due che ne faranno parte anche come riserve, è abbastanza omogeneo. Di sicuro, c’è a oggi un posto da assegnare nella prima formazione. E vedere la competizione interna di coloro che puntano a inserirsi non può che spronarle ancora di più. Anche a livello maschile siamo fortunati, perché il quartetto olimpico di Sochi è ancora tutto in attività. Quindi possiamo partire già da una base più alta per cercare di avvicinarci a staffette che sulla carta sono più forti di noi, ma che hanno problemi che noi non dobbiamo risolvere. Gli olandesi, che hanno vinto l’ultimo Mondiale e che sono arrivati in finale a Sochi, erano insieme da otto anni! Questo significa che bisogna lavorare molto tempo per arrivare a degli obiettivi alti: si devono fare tanti giri sul ghiaccio».

Quanto a Martina Valcepina, la quarta medagliata nella staffetta di Sochi, ci sarà sempre un posto per lei in squadra?

«Ogni volta che ho parlato con lei, devo dire che mi ha sempre detto di voler rientrare alle gare. Ma queste sono decisioni che spettano esclusivamente agli atleti. Di certo io non chiuderei mai la porta a un’atleta di livello che ha fatto due Olimpiadi, ha vinto medaglie ai Giochi, ai Mondiali e in Coppa del Mondo. Ovviamente, ora, ha e avrà bisogno di tempo, per stare con la famiglia e le figlie neonate. Quando deciderà che sarà il momento di rientrare, la porta rimarrà aperta sempre».

È difficile e un po’ azzardato parlare di obiettivi per la stagione che sta per iniziare. Di sicuro, abbiamo capito che Arianna Fontana finalizzerà la preparazione per la seconda parte della stagione e sarà più “leggera”? Sarà così?

«Punterà solo su alcune gare e non sarà a tutti gli appuntamenti come in precedenza, almeno per quest’anno. Nel 2015 non sarà l’atleta che punta a vincere n tutte le distanze. Abbiamo già pianificato un suo impegno di questo tipo tra noi. Lo facciamo perché secondo noi potremo portarla, verso i Giochi 2018, a un livello ancora più alto di quello attuale, proprio lasciandole un anno in cui si concentra su cose diverse. Non ultima, ha disputato la maratona di Berlino inline nel mese di settembre. Deve sempre allenarsi, ovviamente sul ghiaccio, ma è utile anche lavorare in altre cose per essere più forte».

E per quanto riguarda la staffetta?

«Sicuramente la staffetta la vedrà in prima fila. Poi il 500, che a lei piace molto, quindi la vedremo all’opera su questa distanza. Poi vedremo all’Europeo le valutazioni da fare, in base anche allo stato di forma. Il discorso riguarda comunque la particolarità dell’anno post olimpico. Ci sono parecchi valori da ristabilire nelle gerarchie dello short track e quindi fare previsioni prima dell’inizio della stagione, anche per il resto della squadra, non è scontato».

Una curiosità: ha pensato all’effetto dell’inedita sfida con Bédard, contro la sua Francia. Come la vede alla vigilia?

«Sinceramente non cambia così tanto. Sarà senz’altro interessante avere un confronto diretto dopo tanti anni passati assieme. E anche vedere come ha lavorato con la squadra francese che era in crisi da tanti anni prima che arrivasse lui. Ma sinceramente non è un motivo di stress più alto e non posso dire che gli vorrei finire davanti a tutti i costi. Se c’è un augurio per le nostre prossime sfide, è soltanto quello di non contenderci un posto tra Italia e Francia per la qualifica a Pyeongchang 2018, sarebbe una situazione difficile: anzi (scherza) speriamo che si qualifichino entrambe le nostre squadre. E che alle Olimpiadi finiremo davanti noi!».

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