Martin Fourcade si racconta a cuore aperto. Passato, presente e futuro si intrecciano nei suoi pensieri

Martin Fourcade si racconta a cuore aperto. Passato, presente e futuro si intrecciano nei suoi pensieri
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Martin Fourcade si racconta a cuore aperto. Passato, presente e futuro si intrecciano nei suoi pensieri

Martin Fourcade ha rilasciato una video-intervista al sito Ibu in cui ha parlato a tutto tondo della sua stagione, della sua vita e dei piani futuri. Ne è uscito un ritratto inedito del francese, le cui parole fanno capire perché è diventato il più forte di tutti.

Martin, hai vinto la quinta Coppa del Mondo consecutiva, tutte e quattro le classifiche di specialità, 4 ori e 1 argento ai Mondiali. È stata la stagione più soddisfacente della tua carriera?
“Sicuramente è stata una delle stagioni più soddisfacenti della mia carriera. Ne ho avute parecchie di cui sono felice, quindi è difficile dire quale sia stata la più bella, ma di sicuro questa è stata una delle migliori”.

L’unica vera sconfitta è arrivata nella mass start dei Mondiali. Riguardando a freddo a quella gara, cosa pensi non sia andato per il verso giusto?
“Alla fine della competizione ero un po’ dispiaciuto, perché fino agli ultimi metri ho creduto di poter vincere. Tuttavia è stata la situazione in sé a rendermi triste, il fatto di essere arrivato così vicino alla vittoria e averla mancata. In realtà sono molto orgoglioso del mio argento, perché quel giorno ho avuto sensazioni pessime ed è stato difficilissimo ottenere quella medaglia. Soprattutto sono poche quelle che ritengo delle ‘Belle sconfitte’, nel senso di essere comunque soddisfatto in una prova non vinta. La mass start iridata è una di esse, anche se sono finito secondo”.

Sei partito fortissimo a Östersund. È stata una scelta voluta cominciare così bene, forse per demoralizzare in partenza i tuoi avversari?
“Non direi, il mio piano era semplicemente di essere forte a inizio stagione per partire con delle vittorie e incamerare fiducia. L’obiettivo era quello di cominciare nel migliore dei modi, ma non certo per destabilizzare gli altri”.

Pensi che il fatto di esserti preparato a lungo in Norvegia durante l’estate ti abbia aiutato a essere più brillante sia fisicamente che mentalmente durante l’inverno?
“Penso di sì. L’estate precedente ho avuto la mononucleosi ed ero stanchissimo, il 2014-’15 è stata una delle stagioni peggiori per quanto riguarda le sensazioni provate in pista. La passata primavera mi sono reso conto che avevo bisogno di essere più calmo e rilassato, perché penso di essermi preso la mononucleosi a causa dello stress durante l’estate 2014. Per questo ho deciso di andare in Norvegia solo con mia moglie, per azzerare tutto mentalmente ed essere più fresco di testa in vista della nuova stagione”.

Lavori con uno psicologo o un mental coach per essere così forte di testa?
“No. Alcuni ne hanno bisogno, ma io penso di sapere quali sono le mie debolezze, quindi posso lavorare su di esse da solo durante gli allenamenti”.

Puoi dirci almeno una delle tue debolezze?
“Chiedetelo a mia moglie, ve ne dirà parecchie!”

Hai vinto a Presque Isle nel giorno del tuo centesimo pettorale giallo. È stato il giorno più bello della tua stagione?
“Non direi, sono sempre stato concentrato sui Mondiali. Ho controllato e parzialmente represso le mie emozioni fino ad allora, perché volevo essere carico per le gare iridate. Sicuramente è stata una bella giornata, ma non la migliore”.

Allora qual è stato il giorno più bello dell’inverno?
“Il giorno in cui ho vinto la sprint dei Mondiali. Ho sentito tantissima pressione abbandonare le mie spalle, perché ero decisamente più in pace con me stesso rispetto a prima. Avevo vinto un oro iridato individuale ed ero vicinissimo alla Coppa del Mondo assoluta, quindi quel giorno la mia stagione ha soddisfatto i desideri che avevo alla vigilia dell’inverno”.

Ora che sei padre, quanto è dura sperarti da tua moglie e tua figlia?
“Tantissimo. Essere un padre non è difficile nella vita di tutti i giorni, ma è necessaria avere una buona organizzazione. Sicuramente però è molto duro lasciare a casa la mia famiglia, e penso diventerà sempre più difficile in futuro, perché mia figlia crescerà e richiederà una maggiore presenza da parte di suo padre. Dovrò trovare una nuova e migliore organizzazione per essere un buon padre”.

Questa è la parte negativa, ma la paternità ti ha dato anche dei vantaggi?
“Sicuramente. Noi guardiamo sempre ai lati negativi delle cose, ma anche quando sono in giro per il mondo e vedo mia figlia per pochi minuti su Skype mi sento meglio, dimentico tutte le difficoltà”.

Recentemente hai detto di essere un biathleta migliore di qualche anno fa. Perché? Forse perché hai imparato qualcosa di nuovo ogni anno?
“Sì, sono un biathleta migliore perché ho più esperienza e perché alla fine di ogni stagione riguardo alle debolezze avute durante l’inverno. Quindi mi focalizzo su di esse per trovare soluzioni ed eliminarle. Per questo sono più forte ogni anno”

Il tuo allenatore di tiro Sigfried Mazet ha detto che cercate sempre dei piccoli particolari dove migliorare. Qual è il prossimo?
“Dovremo vederlo assieme. Sicuramente uno degli obiettivi è quello di velocizzare i tempi di esecuzione nel tiro a terra. Inoltre vorrei migliorare la mia precisione in piedi”.

Sei un biathleta molto forte, ma c’è qualche avversario a cui guardi perché è migliore di te in qualcosa?
“Sicuramente, parlo spesso di questo genere di cose. Per esempio quando guardo ai poligoni di Simon Eder capisco che avrebbe molto da insegnarmi. È importante avere una mentalità aperta ed essere curiosi, in maniera tale da capire quali possono essere i modi per migliorare ciò che si è già”.

Dopo esserti ritirato, ti vedi in un altro ruolo nel mondo del biathlon?
“Forse sì. Il biathlon è lo sport che amo e a cui ho dedicato la mia vita. Non posso immaginare di spendere il resto della mia vita senza far parte del biathlon. Però, a essere onesto, non penso potrò mai essere un buon allenatore. Sono molto duro con me stesso, pretendo sempre il massimo per me. Quindi credo che sarei uguale con altre persone e non credo di poter essere soddisfatto in un ruolo del genere. Però c’è parecchio da fare nel biathlon, non solo l’allenatore”.

Tu pensi di poter arricchire il biathlon in qualche modo?
“Sono molto orgoglioso di aver fatto conoscere il biathlon a molte persone, perché il seguito è sicuramente superiore adesso rispetto a quando ho iniziato a gareggiare. Il biathlon è uno sport in crescita, sono molto felice di essere una sorta di spot per questa disciplina. Quindi penso di poter aiutare il biathlon rendendolo più popolare”.

Vacanze dopo i campionati francesi?
“Non ancora! Gareggerò a Tjumen il 9 e 10 aprile, dopodiché staccherò la spina. Andrò in vacanza in Marocco”.

Anche se hai dominato questa stagione, chi pensi sia stato il tuo più grande rivale?
“Difficile dirlo, perché il mio avversario principale di dicembre non era lo stesso di gennaio e non era lo stesso dei Mondiali. Fare solo un nome sarebbe riduttivo e non voglio mancare di rispetto a nessuno. Quindi ne faccio due. Simon Schempp e Johannes Bø sono stati i due che mi hanno preoccupato di più”.

Qual è il tuo prossimo obiettivo nel biathlon?
“Difficile dirlo, perché ho vinto tantissimo e non avevo mai pensato di poter ottenere tutti questi successi. Per me il biathlon non è più una questione di risultati, in quanto ho raggiunto tutto ciò che volevo raggiungere. Continuo a fare biathlon perché lo adoro e provo tante bellissime emozioni nell’essere un biathleta. È impossibile per me dire ‘Ok, voglio quello!’ , semplicemente perché l’ho già ottenuto. Pensavo in questo modo fino ai Giochi olimpici di Sochi, dato che mi mancavano dei traguardi. Dopodiché ho cambiato modo di pensare, mi sono detto semplicemente di cercare di migliorare e continuare a essere così vincente come prima. Non posso dire ‘Il mio prossimo obiettivo è…”, sicuramente sento di voler gareggiare ai Giochi olimpici di Pyeong Chang, ma in generale il mio obiettivo è quello di essere più completo rispetto a prima”.

A parte i titoli, per quale ragione vorresti essere ricordato nel mondo del biathlon?
“Durante i Mondiali mi scriveva un amico. Non mi parlava di medaglie, o risultati. Mi diceva semplicemente come mi comportavo in pista o sui media. Io penso a essere un buon biathleta, poi un giorno me ne andrò e qualcuno prenderà il mio posto. Però non voglio essere ricordato solo per questo, vorrei essere ricordato per essere una persona gentile e disponibile”.

In passato hai detto che quando raggiungerai un punto prefissato della tua carriera, te ne andrai.  Quanto è lontano questo momento?
“Sapete, ogni tanto si dicono cose veramente stupide! Non posso dirvi quando raggiungerò questo punto. Di sicuro vi posso dire che voglio essere parte dei Giochi olimpici di Pyeong Chang 2018 e viverli come un’atleta. Ora come ora mi piacerebbe proseguire la mia carriera anche dopo quella manifestazione, magari anche per altri quattro anni, arrivando al 2022. Ma ogni tanto quando mi sento molto stanco, e sto con mia figlia, mi sovviene il pensiero che nel biathlon ho vinto tantissimo e forse potrebbe anche essere il momento di lasciare. Arriverò certamente a Pyeong Chang, ma poi non so quale e quando sarà la fine della mia carriera”.

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