Raphael Poirée durissimo con la Norvegia del biathlon: "Bisogna cambiare filosofia"

Raphael Poirée durissimo contro i norvegesi del biathlon: 'Bisogna cambiare filosofia'
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Raphael Poirée durissimo con la Norvegia del biathlon: "Bisogna cambiare filosofia"

Nel pomeriggio di ieri, al termine delle competizioni di Nove Mesto, Raphael Poirée ha scritto un post su Facebook in cui ha attaccato frontalmente il sistema della Norvegia per la formazione dei biathleti.

Il quarantaduenne transalpino, grande rivale di Ole Einar Bjørndalen e ritiratosi nel 2007, è ormai norvegese d'adozione. Vive infatti tra i fiordi da oltre un decennio, sin da quando ha sposato la collega Liv Grete Skjelbreid, da cui ha avuto tre figli e divorziato nel 2013.

Non a caso i pensieri del quattro volte vincitore della Coppa del Mondo sono stati espressi in lingua bokmål e non in francese.

"Martin Fourcade è il biathleta perfetto! Stabile, aggressivo e fortissimo mentalmente al poligono, con una sciata veloce ed efficiente. Intelligente e tattico quando serve. Per lui ogni vittoria è un grande traguardo ed è uno spettacolo vederlo.

Cosa fanno invece i norvegesi? Errori errori, errori e se va bene mancano comunque l'ultimo bersaglio. Hanno buoni allenatori, buoni skiman, buoni fisioterapisti, buoni allenatori di tiro e il budget più alto di tutti. Non è possibile vedere queste performance così scadenti!

Forse è il momento di cambiare cultura e filosofia nella costruzione del tiro, partendo dall'inizio della carriera. Bisogna cominciare con la carabina ad aria compressa, lavorare passo dopo passo sulla precisione. Non ci si può più concentrare solo sulla parte di fondo, le altre nazioni hanno lavorato benissimo negli ultimi anni. La Norvegia non è più il Paese leader. Tutto questo è davvero frustrante da vedere!"

Raggiunto dall'emittente Nrk, Poirée ha sviluppato dettagliatamente il suo pensiero: "Ai miei tempi era sufficiente sparare bene, oppure sciare molto velocemente. Anche con uno o due errori si poteva rimontare e vincere. I norvegesi avevano sempre i migliori tempi nel fondo e il loro tiro, pur senza essere eccezionali, era sufficiente per risultare vincenti. Quel biathlon non esiste più e in Norvegia non c'è abbastanza cultura sul tiro per costruire un biathleta moderno.

I ragazzini dovrebbero cominciare ad allenarsi con le carabine ad aria compressa a partire da 12-13 anni. Lì devono lavorare sulla loro precisione. È solo allenamento dopo allenamento, ora dopo ora, che si possono imparare i concetti di precisione, di stabilità e di respirazione applicata al tiro. Le carabine calibro 22 dovrebbero essere impugnate solo dai 16 anni in avanti.

Io penso che si debba prima costruire un tiratore, e poi si debba sviluppare il talento sugli sci stretti. Qui in Norvegia invece l'idea è esattamente quella opposta. Danno le calibro 22 in mano a bambini di 9 o 10 anni e li spingono subito a sparare con grande rapidità, inculcando l'idea che il tiro sia secondario rispetto allo sci di fondo".

In realtà il dibattito riguardo la filosofia adottata in Norvegia è aperto da diversi mesi. Lo stesso tecnico del tiro francese Siegfried Mazet, strappato dai norvegesi proprio a Martin Fourcade in primavera, durante l'estate aveva espresso concetti molto simili a quelli di Poirée, il cui sfogo ha però avuto una rilevanza mediatica decisamente maggiore.

Di sicuro c'è che il Paese scandinavo ha raccolto 4 podi nelle prime 7 gare, senza vincerne neppure una. Per trovare un inizio di stagione così negativo si deve tornare indietro al lontano 1993-'94...

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