Goggia, l'incontro con Cairo e la coppa generale: "Dopo l'oro olimpico era il primo obiettivo, ma adesso..."

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Goggia, l'incontro con Cairo e la coppa generale: "Dopo l'oro olimpico era il primo obiettivo, ma adesso..."

Al Festival dello Sport di Trento, la regina della velocità a colloquio con il numero 1 di RCS nell'evento "L'arte di vincere". Sofia ha raccontato della sua gestione del rischio ("quando mi sono fatta male a Cortina sapevo benissimo di quel buco, ma l'ho rimosso"), lanciando un monito ai genitori dei piccoli sciatori.

L'incontro tra un imprenditore di grandissimo successo come Urbano Cairo, padrone di casa a Trento nella quattro giorni del Festival dello Sport che il gruppo RCS-Gazzetta ha organizzato per il sesto anno, e la discesista numero 1 al mondo, Sofia Goggia, nell'evento andato in scena questa mattina al Teatro Sociale.

L'arte di vincere” ha voluto legare l'imprenditoria allo sport, nel talk condotto da Gianni Valenti, con una delle stelle dello sci azzurro che ha svelato aspetti molto interessanti “rispondendo” alle frasi di grandi campioni del passato, come Michael Phelps partendo dalle sue radici. “Sul mio casco ho lo skyline di Bergamo, porto dentro l'indole della mia terra, valori molto forti che vengono da una famiglia normalissima: mamma professoressa di lettere, papà ingegnere in pensione (poi dedicatosi alla passione per la pittura), quindi genitori senza un imprinting sportivo. Da un lato una sfortuna perchè non sapevamo come disegnare un percorso agonistico idoneo, dall'altro è stata la mia fortuna perchè quando tornavo dalle gare, in casa pensavano a farmi studiare e avere un percorso sociale”.

Urbano Cairo ha raccontato che a 24 anni è cominciato un po' tutto, ispirato da Silvio Berlusconi che incontrò, e per il quale ricoprì il ruolo di assistente, quando ancora era studente alla Bocconi, “raccontandogli le mie idee sul mercato tv che stava già rivoluzionando gli Stati Uniti. Poi la spinta di mamma a comprare il Torino Calcio, per non parlare dell'impresa che è stata la scalata al gruppo RCS”.

Lo sci è uno sport individuale, ma la fuoriclasse bergamasca ha sottolineato “l'importanza delle ragazze con le quali condivido gli allenamenti, stiamo facendo la storia del movimento femminile italiano visto che mai c'era stata una squadra così forte. In questo gruppo ci sono grandi individualità, ma ognuna ha aspetti introvabili rispetto ad una compagna, per questo sono da traino e c'è sempre da imparare qualcosa. E' fondamentale poi avere un team di persone che guarda nella tua stessa direzione, dev'essere come un'orchestra e ognuno deve suonare una sinfonia con il suo strumento. Il direttore è l'atleta stesso”.

Ayrton Senna ha detto di aver spostato sempre più in là i limiti, Sofia Goggia... idem? “Io l'ho sempre vista come una linea sottile tra osare e rischiare; dicono sia una spericolata, non so se davvero si tratti di questo, io semplicemente sono sempre stata abituata a dare tutto e ogni tanto strafare, ovviamente sbagliando. Quando mi feci male in super-g a Cortina (prima del miracolo olimpico con l'argento a Yanqing nella discesa dei Giochi), in ricognizione mi ero accorta eccome di quella piccola cunetta, mi dissi di stare attenta, ma quando sono partita ho rimosso completamente questo rischio, inoltre i tagli di luce poi mi danno particolarmente fastidio, come in quel punto.

Quello è stato un mio limite, non tenere conto di un aspetto che avevo visto perfettamente e magari tante altre atlete no. Probabilmente, in maniera inconscia ho rimosso quel pericolo”.

Un monito e una preoccupazione sul futuro dei giovani: “Io sono diventata sciatrice per mia scelta, ora vedo tanti bambini che a 8 anni sembrano campioni in miniatura, perchè i genitori vedono in loro ciò che avrebbero voluto essere. Credo sia asfissiante per i ragazzi doversi confrontare con una realtà già costruita, anche se è ovvio che tutto sia più estremo e si vada in quella direzione”.

Non poteva mancare la domanda sulla Coppa del Mondo generale; è vero, a Sofia manca anche un titolo mondiale, ma è la sfera di cristallo assoluta il vero grande sogno di ogni fuoriclasse. La quattro volte vincitrice della coppa di discesa ha ammesso che sì, fino al 2018 e proprio dopo aver raggiunto l'obiettivo dell'oro olimpico, il trofeo per antonomasia era nei suoi pensieri e ora forse non è più così: “Me lo chiedete tutti, sarebbe chiaramente la consacrazione. Chi non sogna quella coppa? Bisogna però essere realisti e consapevoli di ciò che possiamo fare; guardando il panorama delle sciatrici a livello internazionale, con una Shiffrin che vince in tre discipline e nella quarta è nelle dieci, diventa impossibile.

Al Media Day della FISI mi hanno detto che Luc Alphand c'è riuscito disputando solo le gare veloci, ma è molto improbabile riuscirci anche se questo sogno della generale, lo ammetto, era dentro di me 5 anni fa dopo aver vinto la discesa olimpica e avevo un livello alto in gigante. Poi qualche infortunio mi ha frenata e ora sto cercando di riconquistare quella compattezza e stabilità per avere almeno due discipline al top, con il gigante che mi serve proprio in chiave discesa e super-g.

Non ho più pensato alla Coppa del Mondo generale, quella di super-g invece sì perchè per essere una velocista completa devi avere anche quel trofeo in bacheca. In quella disciplina è tutto più variabile rispetto alla discesa, ma vorrei esprimermi meglio e poi... non si sa mai, vorrei dirvi al prossimo Festival dello Sport che sono riuscita a fare come Alphand”.

Dopo l'incontro con Cairo, la giornata trentina (e una settimana intensissima dopo il rientro dall'Argentina...) di Sofia è proseguita sino al “meet&greet” in Piazza del Duomo, in compagnia di Dominik Paris e Simone Origone.

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