La fuoriclasse bergamasca, tornata sugli sci da venerdì scorso a Foppolo, e il racconto (e di chi l'ha vissuto al suo fianco) di quei 23 giorni dall'infortunio di Cortina all'argento olimpico, nel docufilm di Sky in onda in questi giorni. "Ho vissuto quell'infortunio come un'ingiustizia, ma soprattutto per il dolore inflitto alle persone che amo". La commozione del dottor Schoenhuber e una sfida davvero unica.
“23 giorni. Il miracolo di Sofia Goggia”.
Sky ha chiuso l'anno e aperto il 2023 proponendo venerdì in anteprima e poi in varie repliche un prodotto davvero splendido, il docufilm che racconta in ogni dettaglio l'impresa olimpica di Sofia Goggia, alla ricerca del bis d'oro di PyeongChang 2018 nonostante un ginocchio lesionato in quella tremenda caduta di Cortina.
Dal 23 gennaio al 15 febbraio 2022, dal ginocchio sinistro con la lesione parziale del crociato e la frattura alla testa del perone, all'argento in discesa a soli 16 centesimi da Corinne Suter, per l'ennesimo recupero da record di una campionessa che, anche nei giorni scorsi, ha dimostrato quanto possa essere speciale vincendo a Sankt Moritz 24 ore dopo la frattura rimediata alla mano sinistra. A proposito, prima del week-end di chiusura del 2022, Sofia è tornata sugli sci nella sua Foppolo, per un paio di giorni tra i pali nani prima di riprendere a fare sul serio, per preparare l'appuntamento di metà gennaio a St. Anton, da martedì 3 gennaio su “La VolatA” a Passo San Pellegrino assieme alle compagne di squadra.
DAL PARADISO ALL'INFERNO
“A Cortina è stato un week-end che, nel giro di 30 ore, ha contenuto i miei picchi – le parole della tre volte vincitrice della sfera di cristallo in discesa, ad aprire il docufilm – Dal trionfo al baratro, è incredibile che solo io riesca ad avere sbalzi del genere, ma penso che lo sci rifletta esattamente ciò che sei, come stai e il tuo carattere”.
Dall'amica Chicca Gregis allo skiman, Barnaba Greppi, sono tante le testimonianze ricche di aneddoti. “In prova c'erano state le avvisaglie – racconta il tecnico che dalla stagione 2020/21 prepara gli sci della corregionale – ma anche in gara, parlo della discesa, pur vincendo aveva corso rischi tremendi. Il fato le ha presentato il conto”.
“In discesa sono scesa come una scellerata – l'ammissione di Sofia – anche perchè c'era un vento fortissimo, ma quella luce verde e l'apoteosi davanti ai bambini ai quali avevo dato il cinque dopo la ricognizione, vedere le persone emozionarsi per te... non c'è nulla di più bello che sentire l'amore dei fans. Poi, stavo facendo invece un super-g perfetto: in ricognizione quella cunetta l'avevo vista, ma coi tagli di luce sullo Scarpadon non l'ho presa in considerazione e...”.
“Ho subito sentito male al ginocchio – prosegue il racconto di quel 23 gennaio – Ho detto no al toboga perchè non potevo andarmene da Cortina così, ho messo gli sci e credetemi quando vi dico che nel tratto dalla caduta al traguardo per salutare i tifosi, non mi sentivo più le gambe, ero quasi paralizzata e sapevo bene di avere qualcosa di serio, non la classica botta”.
“Mi diceva scusami, mi dispiace – spiega “Babi” - Io ammetto di essere duro in queste situazioni, anche per farle capire le cose in un certo modo, e le ho risposto che doveva pensarci prima. Le ho anche detto, però, che aveva la forza e la possibilità di andare alle Olimpiadi, che non era tutto perso”.
Poi la corsa in elicottero a Milano, che la diretta protagonista svela partendo dalle emozioni di lasciare in quel modo la sua Cortina: “Vedere le persone che ti amano con quegli occhi fa crollare anche te, perchè se per me stessa posso sopportare anche un dolore allucinante, c'è un crollo quando lo procuro agli altri a causa mia. Ho vissuto questo infortunio come un'ingiusta punizione per me, ma anche per quanto inflitto alle persone che amo. Sì, perchè la realtà è che appaio molto sicura di me stessa, ma spesso sono pervasa dalla paura; d'altronde, sono sempre stata una bambina introspettiva, rendendo poco partecipi gli altri delle mie solitudini e delle mie sofferenze”.
“Quando sono scesa dall'elicottero, avevo 150 metri da fare per il ritrovo fissato al bar, ma non avevo neanche le stampelle e non riuscivo a camminare. Mi sono appoggiata ai due elicotteristi strisciando con i piedi a terra...”.
Qui entra in scena il dottor Herbert Schoenhuber, presidente onorario della commissione medica FISI dopo aver guidato per anni un settore cruciale della Federazione, che ha “consegnato” nelle mani di Andrea Panzeri. “Sofia mi ha detto che questa volta l'aveva fatta grossa, lei si conosce bene e aveva capito subito”. “Era affranta, ma aveva ancora la luce negli occhi pur sapendo di avere poche speranze per le Olimpiadi – interviene lo stesso dottor Panzeri, parlando di quei momenti prima della visita decisiva alla clinica La Madonnina – Continuava a dire di non poterne più, un anno dopo aver perso i Mondiali a Cortina. L'abbiamo coccolata perchè, quando è arrivata, aveva bisogno solo di quello”.
“Herbert ha fatto il classico “cassetto” per testare il ginocchio e mi ha subito detto che qualcosa al crociato c'era, non sapevo cosa provare e sperare dentro di me. La risonanza non veniva neppure fuori visto che continuavo a singhiozzare e muovermi – prosegue Sofia – poi dopo l'ennesima foto, ho sentito il dottore gridare “Sofy, il crociato c'è ancora”. C'è... per modo di dire”.
“Lesione parziale subtotale del legamento crociato anteriore già ricostruito in passato - riassume il dottor Panzeri - con frattura composta alla testa del perone, edema osseo e lesione di 1°-2° grado al collaterale mediale. Già prese singolarmente, sono tanta roba in termini di danni, messo tutto assieme a 23 giorni dalla discesa olimpica, sembrava qualcosa di troppo difficile da gestire. Testando il ginocchio nelle mani e sapendo della sua caparbietà, ci siamo detti con Herbert che lei, però, ce l'avrebbe potuta fare”.
VERSO IL MIRACOLO
“Schoenhuber mi ha dato dieci giorni prima di tornare sugli sci, Panzeri ha aggiunto che ci avremmo provato tutti assieme solo se io ci avessi creduto davvero. Mi sono detta: se non ci provi per le Olimpiadi, per cosa ci provi? Per me i Giochi sono tutto e sono poche le cose per le quali rischiare davvero nella vita.
Ricordo bene il giorno, era l'1 febbraio, in cui le mie compagne di squadra sono partite per la Cina. Sono entrata in palestra con le stampelle e al pensiero che loro erano a Malpensa, sono scoppiata a piangere e mi sono accasciata a terra, stringendomi forte per spremere tutte le mie lacrime. Dopo un quarto d'ora, ho cominciato a lavorare”.
“Sono andato a trovare Sofia a Verona, sei giorni dopo l'infortunio – racconta ancora Panzeri – Già ci credeva e voleva confrontarsi con me sulla situazione, sono rimasto stupito di quanto il ginocchio fosse cambiato in meno di una settimana, con progressi incredibili. Ho detto a Herbert che ce l'avrebbe fatta ad andare alle Olimpiadi e avrebbe fatto un garone”.
“E' stato un percorso matto, disperatissimo – ancora Sofia – Ho pranzato tre volte in dodici giorni, andando a letto alle dieci di sera stremata. Un percorso difficilissimo, ma a livello personale estremamente appagante. La forza che ho trovato dalle persone, che ti portano su come una rete elastica, è stata inimmaginabile. A Pechino sarei andata in una forma pazzesca, anche se magari da sana avrei fatto peggio di quanto fatto su una gamba sola, ma il valore umano trovato da chi mi ha accompagnata in quel percorso è qualcosa di leggendario.
In Val d'Ultimo ho fatto un giorno di sci, mi sono detta “ok, non riesco a piegare la gamba, ma per tenere... tiene”. Ho fatto campo libero, ci siamo guardati a fine giornata e abbiamo deciso di andare a Pechino. Ricordo su quel volo di aver pensato che il percorso era finito e cominciava un nuovo capitolo, quindi ho avuto paura perchè a casa ero parata, mentre là mi sarei trovata sola, pur essendoci lo staff della nazionale e tante persone a disposizione. Ho cercato di sciare il più possibile, ma la neve era molto difficile, un cristallo completamente differente rispetto a quella che troviamo in Europa. Sono state giornate molto complicate, poi sono caduta alla terza porta dell'allenamento il giorno prima del super-g e lì ho pensato fosse nuovamente finito tutto”.
“In quel momento le è crollato il mondo addosso, siamo tornati indietro perchè la botta psicologica era stata importante”, aggiunge il dottor Panzeri.
“Quando sono cominciate le prove della discesa, sembrava quasi non fosse successo nulla – confessa così Gianluca Rulfi, direttore tecnico della nazionale – Quello è stato il vero miracolo”.
“C'è stato un momento in cui ho fatto clic, quando mi sono presentata in ricognizione per la prima prova. Avevo studiato tutto, chiedendo a Lindsey (Vonn, ndr) il report su distanze, porte, linee, qualsiasi spunto che potesse aiutarmi. Non avevo tanti dolori quel giorno: quando in casetta di partenza ho letto Beijing 2022, lì ho avuto il clic e mi sono detta che questo era il motivo che dava un senso alle mie sofferenze. In fondo al training, ho unito le braccia e fatto un sospiro profondo: ce la posso fare, è stato uno dei momenti più belli dell'Olimpiade”.
“La terza prova me l'hanno cancellata ed è stato un problema – ancora la bergamasca nel suo racconto – La pista l'avevo capita, ma dovevo adottare linee e una strategia diversa non potendo contare sul mio fisico, perchè non potevo fare le curve come volevo io. Così come sapevo bene di non poter schiacciarmi bene nei tratti di scorrimento, visto che la gamba non la piegavo. Sono scesa mezza in piedi anche in gara...”.
“Ha fatto la prova su una gamba sola, per me non poteva sciare – ecco di nuovo Barnaba Greppi nella sua schiettezza – Ci siamo guardati con Feltrin e il pensiero era condiviso: questa o si distrugge o farà una grande gara”.
“Il giorno della gara ero molto teso, la guardavo in tv senza aspettarmi niente. Speravo solo andasse tutto bene e arrivasse... in quei momenti (la voce del dottor Schoenhuber si strozza, in un attimo di commozione) ci sono emozioni molto forti, anche se sei abituato da anni di gare. Poi è stata una liberazione”.
“Sentivo di aver sciato mediamente bene, ma nel piano finale non ho avuto la sensazione di volare, decelerando invece leggermente – Sofia analizza così la sua discesa olimpica d'argento – Quando ho visto di essere arrivata 4 decimi davanti a Nadia ho esultato, ma dentro di me ho avuto immediatamente la convinzione che quei centesimi non mi sarebbero bastati per vincere l'oro”.
Compaiono nel docufilm i bellissimi e sinceri complimenti di Ragnhild Mowinckel a Sofia, poi l'amica Chicca che confida il primo messaggio post gara. “Mi ha risposto con un francesismo al fatto che fosse arrivata seconda, avrebbe voluto un'altra medaglia”.
Ancora Rulfi e Greppi: “Ha capito anche lei, dopo un po', che si trattava di un argento vinto e non di un oro perso”.
La chiosa finale di Sofia fa già sognare, pensando a Milano Cortina 2026: “Ho vinto l'argento per quello che è stato il mio percorso, ha un valore incommensurabile, mi piace però pensare che in quei 16 centesimi di gap che mi hanno divisa dall'oro, ci sia la fame che alimenterà questo quadriennio”.
Sipario, applausi.
BOLLETTINO NEVE
LOCALITÀ | I.APERTI | H. Min/Max |
---|---|---|
Breuil-Cervinia | 6/15 | 45-120 cm |
Saas-Fee | / | 0-0 cm |
Ghiacciaio Presena | 0/30 | 0-10 cm |
Ghiacciaio Val Senales | 2/11 | 20-50 cm |
Più letti in scialpino
Azzurri mai così male dal 2002, l'Italia dello slalom (e in generale nelle gare tecniche) e un record negativo
L'apertura di Levi è stata difficilissima per Vinatzer e compagni: dal 6 gennaio 2002 ad Adelboden non c'era alcun italiano qualificato per la 2^ manche, mentre la nazionale maschile non vince tra gigante e slalom da 141 gare (con Moelgg a Zagabria ad inizio 2017).
2k