A sei mesi dal dramma di Beaver Creek, Broderick Thompson si racconta: "Alcuni eroi mi hanno salvato"

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A sei mesi dal dramma di Beaver Creek, Broderick Thompson si racconta: "Alcuni eroi mi hanno salvato"

Lo scorso 29 novembre, il velocista canadese rischiò la vita cadendo nella seconda prova della discesa sulla Birds of Prey, dove due anni prima colse il suo unico podio in CdM (in super-g). Il recupero non è ancora completo, ma ora si vede la luce: "Devo dare tempo al mio corpo e soprattutto al mio cervello, tornare a comunicare è stata la cosa più difficile".

Sono passati sei mesi e per Broderick Thompson è stato un percorso durissimo, quello per tornare innanzitutto ad avere una vita normale, dopo quel dramma avvenuto in pista, lo scorso 29 novembre nel corso della seconda prova verso le discese di Beaver Creek, poi cancellate causa maltempo.

Sulla “Birds of Prey”, che due anni prima gli aveva regalato la gioia del primo e sinora unico podio in Coppa del Mondo con un clamoroso 3° posto in super-g, il velocista canadese ha rischiato di morire, perdendo l'equilibrio sul “Golden Eagle” e finendo a terra battendo in maniera violenta la testa. Trasportato in elicottero a Denver, Thompson era stato posto in coma artificiale visto che il rischio di un coagulo di sangue al cervello rappresentava il pericolo più grande, al di là dei vari danni fisici.

Tanto che dopo tutto questo tempo, il 30enne di Whistler ancora non ha recuperato pienamente e vede lontano il ritorno sugli sci, seppur di nuovo possibile dopo aver trascorso settimane e mesi a livello riabilitativo, in particolare per ritrovare le capacità psico-motorie. “Ho passato alcuni dei giorni più impegnativi della mia vita – comincia il racconto di Broderick sui social per aggiornare sulla sua situazione – Per due settimane ho solo sentito parlare le persone vicine, ma non è stata una sfida solo per me, piuttosto anche per i miei cari.

Soffrendo di una grave lesione cerebrale traumatica, oltre ad una manciata di ossa rotte e altre lesioni fisiche ed interne, ho sviluppato una nuova prospettiva e sono fortunato a poter guarire così come sono ora. Sono stato salvato da veri eroi nel mondo medico e del recupero legato allo sci, oltre a quelli più vicini a me da sempre, sono grato a tutti e a tutto ciò che mi ha permesso di essere qui.

Dallo staff del servizio di emergenza a Beaver Creek sino al personale del Denver Health, il mio recupero è proseguito in Canada, al Vancouver General Hospital e poi al fantastico centro di riabilitazione “GF Strong”.

Un enorme ringraziamento lo devo rivolgere a tutti coloro che sono stati in grado di rendere possibile questo processo. Da fine gennaio sono a casa, a Whistler, potendo lavorare con una squadra di supporto che mi è stata vicina negli alti e bassi del periodo; continuerò lungo questa strada e darò a me stesso, al mio corpo e soprattutto al mio cervello, la pazienza e il tempo di cui c'è bisogno per guarire.

Sto lentamente imparando e apprezzando i miglioramenti come pietre miliari; quando subisci un trauma cranico di questo tipo, le emozioni e la prospettiva possono cambiare drammaticamente una persona, capire e comunicare è stato più difficile di qualsiasi “solita” sfida fisica”.

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