Il fuoriclasse svizzero ha tagliato un traguardo importante: la sua storia negli occhi e nel cuore di Antonio Di Giovanni, che abbiamo incontrato per farci dire tutto su uno sciatore fuori dal comune
I 50 anni di Michael Von Gruenigen, un campione vero, puro, cresciuto sulle montagne dell'oberland bernese, in quel paesino che risponde al nome di Schonried, dove l'11 aprile 1969 è nato uno dei più grandi gigantisti della storia dello sci.
Sono 23 le vittorie (tutte tra le porte larghe) ottenute da MVG in Coppa del Mondo, 48 i podi, 4 le coppe di specialità, con 2 ori mondiali a Sestriere '97 e St. Anton 2001 e il bronzo alle Olimpiadi di Nagano '98 ma, soprattutto, uno stile e un carattere unici nel mondo della neve. Chi vi scrive conosceva solo il Von Gruenigen campione, colui che ha battagliato con fuoriclasse assoluti come Tomba, Kjus, Aamodt, Maier, Raich e tanti altri, ma una sera a Madonna di Campiglio, in occasione dello slalom di Coppa del Mondo dello scorso 22 dicembre, è bastata per capire anche il Mike uomo.
L'incontro quasi casuale con Antonio Di Giovanni, grande appassionato della neve e, scopriremo poi, tifoso numero 1 del fuoriclasse elvetico, rappresenta ora l'occasione, nel giorno di questa ricorrenza, per raccontare a tutti gli appassionati qualche aneddoto speciale legato a Von Gruenigen, per apprezzare sempre più il campione a tutto tondo.
“Mike tutto è stato fuorchè personaggio – ci racconta Antonio - Schivo, riservato, serio, umile, mai sopra le righe. Quando nel 1994, durante una telecronaca, ascoltai che MVG viveva nell'oberland bernese, cercai informazioni sulla sua provenienza, scoprendo che Schonried distava pochissimo da Thun, la mia città natale nella quale torno spesso (Di Giovanni abita a Montesilvano, in provincia di Pescara). Quando i giornalisti tacciavano Mike di essere troppo silenzioso, di non sorridere mai, forse avrebbero dovuto leggere la sua storia: non dev'essere stato facile restare orfano di mamma e papà, morti rispettivamente quando Mike aveva 6 e 9 anni (i genitori erano entrambi maestri di sci): le premesse erano buone, ma i tragici accadimenti segneranno per sempre la tempra ed il carattere del piccolo campione, cresciuto in seguito grazie al supporto della sorella Christine, anche lei sciatrice di livello agonistico. Il suo stile e la classe cristallina hanno appassionato migliaia di tifosi, ma personalmente mi ha colpito quella forza caratteriale che lo ha visto diventare grande, grandissimo, nonostante tutti i problemi di un'infanzia così complicata”.
E qui entriamo nei dettagli di un rapporto speciale, quello creatosi tra Mike e Antonio. “Ho iniziato ad appassionarmi sempre di più alle gesta di questo campione – ci racconta Di Giovanni - fino ad arrivare al punto di scrivergli delle lettere per fargli sapere che aveva dei tifosi speciali quanto lo era lui. Siamo nel lontano '96, ha appena stravinto il gigante di Adelboden; i social network non esistevano, a malapena c'era il modem 56k, pertanto prendo carta e penna e scrivo a Mike quanto mi affascini vederlo serpeggiare tra le porte larghe e quanta gioia mi dia il vederlo vincere, e che non vedevo l'ora di vederlo gareggiare dal vivo. Detto fatto, dal '97 ed ininterrottamente per gli anni a venire, ho avuto la fortuna di ammirarlo nel suo tempio, Adelboden, dove incredibilmente non ha più vinto... Poco male, il privilegio di poterlo avvicinare, potergli dire di persona quanto lo stimassi è stata una soddisfazione impareggiabile”. Il bello verrà qualche anno più tardi... “Quando Mike era ancora in piena attività e, soprattutto fuori dalla stagione di Coppa del Mondo, prende forma una corrispondenza cartacea. Mi sono sempre chiesto il perché un super campione perdesse del tempo per rispondere alle mie lettere: forse avvertiva il senso sincero delle mie parole, specialmente quando si vociferava dei suoi propositi di ritiro e iniziai a dirgli che aveva ancora tanto da dare a se stesso ed ai suoi tifosi, che i malanni fisici, come la lussazione alla spalla, erano passeggeri e che i super austriaci prima o poi avrebbero abbassato il livello. E così fu, il 2001 a St. Anton arrivò la seconda medaglia d'oro in gigante, come a confermare le teorie di un super tifoso che non voleva arrendersi al fatto di non ammirare più il suo campione preferito. Siccome ho la passione per il disegno, gli inviai un quadro che feci disegnando una sua foto in azione: per tutta risposta mi ringraziò, dicendomi che lo avrebbe appeso al centro della casa. La corrispondenza mi permise anche di fare gli auguri per la nascita di ognuno dei suoi 3 figli; alla nascita di Noel, il primogenito ora in Coppa del Mondo, gli inviai un gioco per neonati in segno di augurio e Mike rispose con una foto del bimbo appena nato con tanti ringraziamenti. Con l'approssimarsi delle fine di una carriera leggendaria ho più volte detto a Mike che sognavo il suo pettorale rosso, il simbolo di chi detiene il primato in classifica di specialità; non so nemmeno quanto volte gliel'avrò chiesto, conscio si trattasse di un desiderio irrealizzabile... oppure no? Un bel giorno fui contattato dalle Poste, le quali mi chiesero di andare a ritirare un pacco tornato al mittente, ma io non avevo spedito alcun pacco a nessuno negli ultimi mesi: mi trovai di fronte ad una busta bella voluminosa che mi aspettava, sovrappensiero la presi ed andai in macchina, la aprii di lato e vidi il pettorale rosso tutto attorcigliato. Un turbinio di emozioni mi assalì, ancora oggi a quasi vent'anni di distanza ho la pelle d'oca ed il groppo in gola, io umile tifoso sempre gentile e discreto, ricompensato con uno degli oggetti più cari ai campioni della Coppa del Mondo di sci. La lettera con la quale Mike ha accompagnato il pettorale (“mi hai chiesto tante volte questo pettorale, adesso ho deciso di mandartelo sperando di farti felice”) fa bella mostra di sè nel centro della mia casa, simbolo di un'amicizia speciale e di rispetto infinito. A tutt'oggi ho il piacere di incontrarlo nuovamente nelle sue vesti di testimonial della Fischer in quel di Adelboden, e con l'avvento dei social network posso seguire l'evoluzione della sua vita che spero gli riservi e gli restituisca quello che gli è stato tolto durante l'infanzia”.
Una storia speciale, che speriamo abbiate gradito e condiviso sino alla fine.
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