Il giorno dopo la scomparsa del grande slalomista. Le testimonianze di Albertone e degli assi della storia norvegese, da Aamodt a Stiansen, da Skaardal al suo primo allenatore.
Giovedì 9 Luglio 2020
“Era un grande sciatore, ma soprattutto una brava persona”.
Le lacrime di Alberto Tomba, una volta appresa la notizia della scomparsa di Finn Christian Jagge, sono quelle di tutto il circo bianco che sta ricordando un campione come lo slalomista norvegese, morto nella giornata di mercoledì a causa di una malattia fulminante.
L'asso azzurro, che ha avuto in Jagge uno dei più grandi rivali della carriera, ha speso parole di cuore al sito norvegese “VG”, dopo aver ricevuto la terribile notizia: “Non posso credere sia successo, sono distrutto. Eravamo divisi solo da pochi mesi, stessa classe 1966; se penso a quello slalom olimpico di Albertville, posso dire che più volte ho parlato di un mio regalo per quella prima manche, ma la realtà è che Finn Christian meritò eccome quella medaglia d'oro. Ora posso solo che dedicare un pensiero alla moglie e ai figli”.
“Finken”, così era soprannominato da tutti nell'ambiente, è stato ricordato con enorme affetto anche dai grandi campioni norvegesi della sua epoca, quei magici '90 dove gli scandinavi si imposero a tutti i livelli. Come Kjetil André Aamodt, che ad Albertville conquistò in super-g il primo dei suoi quattro titoli olimpici: “Il suo slalom, quando riuscì a battere Tomba, è stato un momento grandioso per l'intero nostro movimento. Solo la discesa di Aksel Lund Svindal a PyeongChang è paragonabile”.
Parlando a NRK, l'ex compagno di squadra e iridato a Sestriere 1997, Tom Stiansen ha raccontato di un “uomo di ferro, capace di andare oltre il dolore alle ginocchia che ha patito per quasi tutta la carriera. Non era il miglior talento in circolazione, ma è stato un esempio per la forza di volontà e la capacità di allenarsi come nessuno”.
Atle Skaardal, campione del mondo in super-g sia a Sierra Nevada '96 che a Sestriere '97: “Era il punto di riferimento naturale della squadra, una leadership dovuta al suo atteggiamento positivo. Era sempre di buon umore ed è rimasta la stessa persona dopo l'oro olimpico”.
Il suo ex tecnico, Thorleif Gunhildrud, ha ricordato a NRK tanti momenti vissuti al suo fianco in termini di sofferenza per poter gioire ogni volta che rinasceva: “Ha avuto di tutto, con i problemi alle ginocchia cui ormai si era abituato. Una volta ruppe pure 4-5 denti colpendo un palo, arrivò al traguardo e mi disse che non sentiva il dolore, o meglio non voleva sentirlo. Era un combattente nato”.
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