Paul Accola non si ferma mai, anche a 53 anni: "Penso ai giovani e dico che bisogna cambiare"

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Paul Accola non si ferma mai, anche a 53 anni: "Penso ai giovani e dico che bisogna cambiare"

Intervistato dal "Blick", il vincitore della Coppa del Mondo 1991/92 si è raccontato tra la guerra con la federazione, quell'annata magica battendo Tomba e il futuro dello sci.

L'hanno trovato impegnato nella sua Davos tra escavatori e gru, il suo lavoro da tanti anni dopo aver appeso gli sci al chiodo nel 2005. Paul Accola non si ferma mai, un 53enne sempre attivissimo, “piccante” come da atleta nelle sue dichiarazioni e con uno sguardo sempre rivolto ai giovani, pensando al percorso che ha dovuto fare per arrivare al vertice dello sci mondiale.

Non è mai stato amatissimo dal popolo italiano, dopo quell'incredibile stagione 1991/92 nella quale cancellò il sogno di Alberto Tomba di alzare la Coppa del Mondo generale (che finalmente il bolognese conquistò tre anni più tardi), firmando un clamoroso record di punti e ottenendo tutte le sue sette vittorie nel massimo circuito in pochi mesi, con una costanza di rendimento paurosa. Daniel Leu del “Blick” l'ha raggiunto per svelare al pubblico i pensieri del vecchio “Pauli”, impegnato a lavorare il terreno dalla mattina alla sera (dopo aver tentato più volte la carriera politica), ma sempre attento sul panorama del circo bianco attuale. “In realtà non ho mai annunciato il mio ritiro (maturato dopo l'esclusione dalla nazionale rossocrociata nella primavera 2005, ndr) e, visto che nel 2019 a Wengen e Kitzbuehel ho visto solo cinque svizzeri al cancelletto di partenza, mi sarebbe piaciuto chiamare la federazione e chiedere di gareggiare - punge sottolineando un concetto molto chiaro – Ai miei tempi eravamo 20 atleti e 5 allenatori, ora il contrario. Il problema principale sono i punti necessari per la Coppa del Mondo, ma come fai ad arrivarci se non ti fanno gareggiare? Ecco perchè così tanti ragazzi mollano entro i 25 anni, ma la realtà è che alla FIS interessano i 3-4 big del circuito, il resto non conta nulla per loro”.

Una delle delusioni più grandi della carriera fu la combinata delle Olimpiadi di Albertville 1992, quella dell'incredibile doppietta azzurra con Polig e Martin: “Avevo vinto tutte e tre le gare di specialità in quella stagione, la discesa andò bene ma la pista da slalom si presentava in condizioni disastrose. Ecco perchè mostrai il dito medio all'arrivo”.

Con la sua Paul Accola Young Talent Foundation, “distribuiamo circa 50mila franchi all'anno per i giovani talenti dei Grigioni”, e se gli si chiede dei successivi 13 anni di carriera senza vittorie, dopo quel '91-92 magico, Accola non si nasconde. “Avrei dovuto essere più egoista, ma è cominciata la lotta con la federazione e nello sport la testa conta per l'80-90%”. Ai tre figli consiglia “l'hockey o il calcio, anche perchè se vuoi vivere bene con lo sci devi essere tra i migliori al mondo e io stesso ho guadagnato poco, a parte nell'anno della coppa”.

Ora frequenta pure la scuola di agraria, perchè anche a 53 anni “non si smette mai di imparare”.

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