Il 24 agosto 2001, "Herminator" rischiava la vita dopo l'incidente in moto a Radstadt: la gamba destra distrutta, oltre 500 giorni per tornare in gara e riscrivere la storia nei due anni successivi, con la quarta Coppa del Mondo e il titolo mondiale in gigante a Bormio. Anche se, da quel giorno, il fuoriclasse austriaco dovette reinventarsi una nuova carriera.
Una sera di vent'anni fa, poco prima delle ore 20.00, di ritorno da un'altra lunghissima giornata a Obertauern, al centro di allenamento federale, in sella alla sua moto Triumph. Una trentina di km per tornare in Hermann Maier Strasse, sì perchè già il 24 agosto 2001 c'era una strada dedicata al fuoriclasse dello sci austriaco e mondiale nel cuore di Flachau, o meglio nella frazione di Reitdorf dove lui, “Herminator”, vive col papà che porta il suo stesso nome, mamma Gerti e il fratello Alexander, snowboarder di ottimo livello. Un tiro di schioppo da Altenmarkt, percorrendo in pochissimi minuti la strada che porta alla sede della ditta che gli fornisce i materiali, l'Atomic.
Chi scrive questo pezzo era stato a casa Maier un paio di mesi prima di quel giorno che cambiò tutto, per scoprire le origini di quel fenomeno che stava riscrivendo la storia dello sci. Una famiglia semplice, con una forza della natura che aveva già conquistato il mondo vincendo tre Coppe del Mondo in quattro assalti, 41 gare nel massimo circuito in tre discipline (più una combinata a Veysonnaz), due titoli olimpici a Nagano 1998 (anche se quasi tutti ricordano l'incredibile volo in discesa, prima degli ori in super-g e gigante), la doppietta mondiale a Vail 1999 e... tutto il resto.
Ebbene, al tramonto di Radstadt, quel venerdì sera di vent'anni fa, nulla sarà più come prima per Hermann Maier: basta un attimo, un sorpasso (a velocità moderata, come rileverà la polizia) proprio mentre un pensionato tedesco in vacanza nel salisburghese, alla guida di una Mercedes, svoltava laddove non avrebbe potuto. L'impatto fu terribile, il volo nel fossato a bordo strada di almeno una decina di metri, con la gamba destra che subì uno schiacciamento devastante procurando anche enormi danni ai tessuti, non solo la frattura esposta di tibia e perone.
Herminator era rientrato un paio di giorni prima dalla classica trasferta in Cile: stava volando, a detta dei tecnici, non che fosse una gran novità considerando il suo incredibile livello dalla discesa al super-g, ma nella preparazione che avrebbe portato alle Olimpiadi di Salt Lake City, c'era tutta l'intenzione di non lasciare nulla agli avversari. A due mesi dall'opening di Soelden, tutto era cambiato, ma il problema è che l'idolo di una nazione intera ora doveva lottare per la vita. I soccorsi sono quasi immediati, il volo in elicottero verso l'ospedale universitario di Salisburgo altrettanto, in modo che già poco dopo le 21.00 il dottor Arthur Trost possa intervenire sullo sportivo più amato d'Austria.
Sette ore sotto i ferri per stabilizzarlo prima e salvare poi la gamba destra. Il rischio dell'amputazione è concreto, anche dopo le prime ore del mattino successivo; per tutta la giornata di sabato, si parla di un'infezione che, almeno per 48 ore, significa che anche solo tornare a camminare sarebbe un successo per Maier. Domenica 26 agosto arrivano le prime notizie positive, l'amputazione è ormai scongiurata e il dottor Trost parla della possibilità di tornare ad una vita normale, “ma c'è una piccola chance di rivedere Hermann sugli sci”.
Non ditelo al diretto interessato, che a metà della settimana successiva, dopo giorni in terapia intensiva, già utilizza un ergometro per tenere allenate le braccia dal suo letto di ospedale, dopo aver subito pure un trapianto di pelle, prelevata dal braccio per la sua gamba distrutta. A metà settembre lascia l'ospedale, poi comincia un recupero lunghissimo, ma che rivede la luce già a fine dicembre; un paio di giorni prima di Natale, Hermann si fa il suo personalissimo regalo mettendo gli sci da turista sulla pista che diventerà la sua, a Flachau, dove le donne gareggiano tutt'ora nel classico slalom in notturna sulla Hermann Maier Weltcup Strecke.
Salt Lake City? Impossibile, ma si può pensare di preparare bene la stagione 2002/03: in realtà, i problemi alla gamba sono ancora enormi, ma il fuoriclasse salisburghese vuole lavorare con la squadra in Cile, a Portillo, nel fondamentale periodo di preparazione estiva. Qui, nell'agosto 2002, si fa male ad un polpaccio in super-g, servono altre settimane e mesi di recupero, saltando così tutto il primo blocco di stagione; il 14 gennaio 2003, la scelta di tornare in Coppa del Mondo nel gigante più tosto, quello sulla Chuenisbargli di Adelboden, oltre 500 giorni dopo l'incidente e a 22 mesi dall'ultima gara disputata e, ovviamente, vinta alle finali di Are e sempre tra le porte larghe. Una scelta coraggiosa, criticata, ma serve testarsi subito al massimo livello perchè tra meno di un mese ci sono i Mondiali a St. Moritz; Maier non si qualifica per la 2^ manche, per tutti o quasi è un atleta finito.
Passano tre giorni ed è 22° nella prima discesa di Wengen, 24 ore più tardi addirittura 7° nel secondo appuntamento sul Lauberhorn, poi si va a Kitzbuehel e, dopo il 6° posto nella discesa su una Streif in versione “mini”, il 27 gennaio 2003 Hermann Maier si commuove e fa commuovere tutto il mondo dello sci, quando capisce che nessuno potrà più batterlo nel super-g corso eccezionalmente di lunedì, nel tempio dello sci.
Sotto una bufera di neve, il coraggio è l'unica cosa che non manca al Re di un'epoca, che torna a vincere in coppa battendo i connazionali Christoph Gruber e l'eterno rivale Stephan Eberharter.
Il resto della storia dice dell'argento mondiale in super-g a St. Moritz, prima di fermarsi per il resto di quella stagione 2002/03 per farsi levare il chiodo dalla gamba, e della straordinaria cavalcata che lo porterà a riconquistare la sfera di cristallo assoluta, alle finali di Sestriere 2004, la quarta in totale e la prima e unica della sua seconda carriera.
Non sarà più Herminator nel puro senso del termine, ovvero il mostro in grado di dominare il circo bianco in lungo e in largo, ma agli occhi di molti sarà più umano e straordinariamente campione, con un altro titolo mondiale in bacheca, a Bormio 2005 e nell'unica specialità in cui non l'aveva ancora conquistato, ovvero il gigante, due medaglie olimpiche a Torino 2006 (argento in super-g, beffato dall'eterno Aamodt, e bronzo nel gigante di Raich) e tredici successi in CdM per arrivare a quota 54, quando a quasi 36 anni porta a casa il super-g di Lake Louise (30 novembre 2008).
Il 14 ottobre 2009 l'annuncio del ritiro, a pochi giorni dallo start di Soelden e nell'annata che l'avrebbe potuto portare alla sua terza Olimpiade a Vancouver, consapevole però che non sarebbe stato più quello che tutti invece ancora ricordano come uno dei più grandi sciatori della storia. Un campione che ce l'ha fatta, nonostante quella sera di vent'anni fa. Era il 24 agosto 2001...
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