Il Consiglio della Medicina Sportiva norvegese non è stato consultato sui casi Sundby e Johaug

Il Consiglio della Medicina Sportiva norvegese non è stato consultato sui casi Sundby e Johaug
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Il Consiglio della Medicina Sportiva norvegese non è stato consultato sui casi Sundby e Johaug

Nel gennaio 2015, è stato istituito in Norvegia il Consiglio della Medicina Sportiva: un organo composto da esperti della materia, ma anche da specialisti di antidoping ed etica medica. Nel corso dei suoi 21 mesi di vita, il Consiglio si è occupato di doping, di morti legate alla pratica sportiva e di atleti transgender.

Uno dei membri è Sven Mollekleiv, presidente della Croce Rossa norvegese, che in un’intervista a NRK ha lamentato lo scarso utilizzo di questo organo: “Coinvolgere consigli e comitati specializzati è spesso una scelta saggia. Mi sarei aspettato che il Consiglio venisse chiamato in causa più spesso”.
I casi analizzati, in quasi due anni, sono stati soltanto nove. In particolare, il Consiglio – come ha dichiarato la presidente Merete Smith – non è mai stato interpellato nell’ambito dei casi Sundby e Johaug. “Sono i dirigenti del Comitato Olimpico Norvegese (NIF) che devono decidere se contattarci”, ha aggiunto Smith. “Quando noi abbiamo accettato questo incarico, lo abbiamo fatto con l’intento di aiutare lo sport del nostro paese, e tra noi ci sono molte persone con le capacità per farlo”.
Il segretario generale del NIF, Inge Andersen, ha così risposto: “Riteniamo di avere un buon dialogo con il Consiglio, e nell’ultimo incontro, il 18 ottobre, abbiamo discusso di queste vicende. Resta però il fatto che non è previsto che tale organo intervenga in situazioni nelle quali un tribunale è chiamato a decidere, come il TAS in questa occasione”.
Il Comitato Olimpico aveva in realtà preso coscienza del caso Sundby già nel febbraio 2015, ben prima dell’entrata in scena del Tribunale Arbitrale dello Sport. “Anche allora, sottoporre la questione al Consiglio poteva apparire come un’interferenza nelle indagini e nella gestione del caso. Il NIF non era parte in causa in questa vicenda”. Andersen ha aggiunto che del caso si è occupato un altro gruppo di lavoro apposito, istituito da Olympiatoppen, l’organizzazione interna al Comitato Olimpico che si occupa della preparazione degli atleti di vertice.
La spiegazione non ha convinto Mollekleiv: “Noi avremmo potuto offrire una consulenza utile, sarebbe stato saggio chiederci un parere. Possiamo essere d’aiuto dal punto di vista etico e legale. Bisognerebbe ascoltare chi ha esperienza ed è in grado di garantire prevenzione, ausilio e informazione”.
È stato tuttavia obiettato che il Consiglio, pur ricevendo di norma indicazioni sui casi da prendere in considerazione, ha facoltà di occuparsi di altri di propria iniziativa. “Non ci è sembrato naturale adottare questa soluzione”, ha replicato Smith. “In generale, aspettiamo che sia il NIF a contattarci, prima di iniziare a studiare un caso. In questa occasione non c’era motivo per fare un’eccezione”.
Trine Moholdt, che ha fatto parte del Consiglio fino all’agosto scorso, ha affermato di condividere le perplessità degli ex colleghi.
Figura invece tuttora fra i membri Astrid Uhrenholdt Jacobsen. “In effetti questa risorsa potrebbe essere sfruttata di più”, ha dichiarato la due volte iridata, “ma voglio sottolineare che il Consiglio è un organo consultivo. Non abbiamo il potere di prendere decisioni”.
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