Goggia si apre al Corriere della Sera: "I dolori alla tibia ci sono, è un infortunio molto diverso dai precedenti"

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Sci Alpinol'intervista

Goggia si apre al Corriere della Sera: "I dolori alla tibia ci sono, è un infortunio molto diverso dai precedenti"

Sofia, ancora impegnata allo Stelvio, intervistata dal collega Flavio Vanetti ha confessato che "lo scenario peggiore è quello di saltare la stagione puntando tutto sulle Olimpiadi, ma punto a trovare il set-up per Ushuaia risolvendo la situazione legata allo scarpone. Alle prime curve ho pianto dal dolore, che il dottor Panzeri mi ha già detto non passerà. E' una storia diversa rispetto ai miei problemi alle ginocchia".

Sofia Goggia è tornata in pista da oltre un mese e questa settimana ha già messo assieme altre tre giornate di sci, sempre sulle nevi dello Stelvio per il terzo blocco di lavoro.

A 5 mesi e mezzo dal crac in allenamento a Ponte di Legno, la fuoriclasse bergamasca ha confessato, in un'intervista concessa all'edizione odierna del “Corriere della Sera”, che la sua situazione fisica legata alla frattura pluriframmentaria del pilone tibiale della gamba destra è tutt'altro che risolta definitivamente o così semplice da gestire. Anzi.

Sottolineando che “di vacanze ne ho vissute poche, dieci giorni a maggio e poi farò tre giorni al mare a fine luglio”, Sofia ha spiegato che ricomincerà poi ad inizio agosto, fino alla partenza per Ushuaia prevista il 19 del prossimo mese, ma che quella tibia di problemi gliene dà ancora. E forse sarà sempre così. “Devo capire come abbattere il dolore quando metto lo scarpone – la sua spiegazione – Come disse Annibale valicando le Alpi, se non troveremo una strada, la costruiremo. Sperimenterò soluzioni in carbonio, sottili e su misura, da inserire tra calza e scarpone.

Sono come parastinchi da calcio e dissipano le pressioni: devo trovare il set up per il training in Argentina. Le ossa danneggiate per ora sopportano solo sedute blande. Io non mi lamento mai, con le ginocchia che mi ritrovo sarebbe impossibile sciare ad alto livello, ma ormai sono abituata, ma questo è un infortunio diverso rispetto ai precedenti, il dolore c'è e il problema riguarda la guaina del tendine tibiale anteriore, recisa per mettere la piastra: ha una parte adesa e una libera, ed è quest'ultima che mi fa vedere le stelle”.

Il parere medico, con il presidente della commissione FISI, il dott. Andrea Panzeri, sempre al suo fianco in ogni grande recupero, è chiaramente fondamentale e “per i medici avrei dovuto riprendere lo sci dopo 6 mesi. Secondo il dottor Panzeri il dolore non passerà e dovrò gestirlo. Lavoro in palestra e faccio atletica, ma non posso ancora correre a causa delle parestesie che danno una percezione alterata della sensibilità.

Con il dt Rulfi abbiamo pensato anche allo scenario peggiore, che sarebbe quello di saltare la stagione 2024/25, levare le placche a novembre e lavorare nell'ottica dei Giochi Olimpici 2026. E' un'ipotesi da considerare, ma se troverò la quadra con scarpetta e scarpone tutto andrà in crescendo. Ed è ciò che mi auguro, anche se ammetto che alle prime curve ho pianto sotto la maschera”.

Il ricordo di quanto successo in quella sessione a Ponte di Legno, lo scorso 5 febbraio, è ancora amaro: “È il peggior infortunio possibile, per come stavano andando le cose e per il momento della mia carriera. E la ripresa la più dura che abbia mai vissuto, ho avuto un periodo di black out nel quale ho pensato che non sarei più stata una sciatrice d'alto livello.

Lindsey Vonn diceva che i dolori peggiori sono quelli che nessuno vede: l'ho incontrata di nuovo e mi ha detto che non può darmi consigli perchè non si è mai rotta un osso in 5-6 parti grosse, più i frammenti, dicendomi però che io so come fare”.

Il tempo è volato anche con lo studio: “In una sessione ho dato 8 esami di Scienze politiche alla Luiss: la media degli studenti è 6 in un anno, ma studiavo dopo pranzo e alla sera, in alternanza con la riabilitazione. Roma non è stata costruita in un giorno, ma la volontà di costruirla è andata oltre la pazienza di realizzarla”.

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