Bruno Gattai racconta Tomba: "Ci sentiamo ancora, io popolare grazie a lui e Deborah Compagnoni"

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Bruno Gattai racconta Tomba: "Ci sentiamo ancora, io popolare grazie a lui e Deborah Compagnoni"

Intervistato nei giorni scorsi dal "Corriere della Sera", l'avvocato milanese entrato nelle case degli italiani con le telecronache delle imprese di Albertone, si è aperto a qualche aneddoto molto interessante e tra Goggia e Brignone dice che...

Bruno Gattai lo dice senza mezzi termini. “Ho avuto il culo che nacquero Alberto Tomba e Deborah Compagnoni”.

In realtà, l'avvocato classe 1959, quando non aveva neppure 30 anni era già un fuoriclasse del microfono, lui che ha raccontato tra TeleMontecarlo e poi Mediaset i trionfi di quel decennio meraviglioso, dalla doppietta olimpica dell'Albertone nazionale a Calgary 1998 sino ai Mondiali di Sierra Nevada e Sestriere.

Gattai è stato intervistato nel suo studio milanese (tra i più rinomati in assoluto nel settore) da Giovanni Viafora per il “Corriere della Sera”. E quanto emerso da quella chiacchierata è davvero interessante, visto che il figlio dell'ex numero 1 della FISI, Arrigo Gattai, non è mai stato personaggio banale. “Le telecronache mi hanno reso popolare, ma è stata la cosa che mi ha dato meno soddisfazioni perche è quella che mi è sempre venuta più facile. Nel private equity sono forse considerato il miglior avvocato d'Italia, ma ho avuto anche casini pazzeschi.

Specialmente nel 2012, quando guidavo la sede italiana di Dewey Ballantine, che in dieci anni avevo portato da 10 a 105 avvocati. Una grossa società americana che fallì e io mi trovai di colpo senza niente, rischiando di perdere anche il patrimonio personale. Riunii le venti persone che mi erano più legate e ripartii come “Gattai, Minoli and partners”. Dopo dieci anni siamo tornati a essere in 150 e l'anno scorso ci siamo fusi con Pedersoli: abbiamo seguito noi la cessione a Kering del palazzo di via Montenapoleone a Milano, operazione da 1,3 miliardi di euro, la più elevata in Europa per singolo asset”.

Non si può che parlare, però, soprattutto del suo sport più amato, che Bruno Gattai ha praticato eccome da ragazzo: “Iniziai prestissimo, perché mia sorella soffriva d'asma e la mia famiglia in inverno si trasferiva a Cortina. A 8 anni vinsi il Trofeo Topolino, che allora era una cosa seria, poi tutti i campionati di categoria, fino ai Campionati Italiani Assoluti di discesa libera a 19 anni. Non ero un fenomeno, ma andavo forte e... pure troppo.

Mio padre all'epoca era presidente della Federazione: ci tenevo a dimostrare che non avevo vantaggi di alcun tipo, ma caddi molte volte. Papà era complicato, esigente, ma quando sciavo c'era sempre e mi aspettava al traguardo con gli stivaloni, oppure saliva lungo la pista. Ogni volta che dovevo prendere una scelta importante nella mia vita, volevo prima parlare con lui. E' morto nel 2012, non ha potuto vedere quello che sono riuscito a costruire e avrei voglia di parlare con lui, mi manca tanto (Gattai si commuove interrompendo per un attimo l'intervista, ndr)”.

E il racconto passa dallo sci agonistico in pista a quello raccontato in cabina: “Dopo l'ennesima caduta mi fermai. Lasciare fu uno shock, ma fu Enrico Crespi (ex giornalista de “La Notte” che collaborava con TMC) che mi chiese di dargli una mano. Avevo 25 anni e iniziai con le Olimpiadi di Sarajevo. Tomba? All'inizio il rapporto era complicato, criticai la sua scelta di concentrarsi solo su gigante e slalom, ma aveva ragione lui. Non lo frequentavo molto, non volevo passare per il leccaculo di turno, mentre oggi abbiamo un rapporto bellissimo. Mi chiama, ci scriviamo, tanto che mi manda di continuo i video delle mie telecronache.

Alberto sta benone, ha investito in diverse proprietà immobiliari e se le gestisce in giro per il mondo. Credo che il suo grande dispiacere sia di non essere riuscito a fare una famiglia”.

L'avvocato milanese ha lasciato nel 2000: “Facevo una vita infernale: lavoravo fino a venerdì notte, poi prendevo la macchina e scappavo su in montagna a fare la telecronaca. Ho una foto in cui salgo sulle piste con mia figlia sulle spalle, poi quando tornavo in studio i clienti mi dicevano, “ma lei è quello dello sci”. Dovetti superare i pregiudizi. Lo sci ora lo guardo poco, mi annoia perchè è tutto uguale”.

Alla domanda se preferisca Goggia o Brignone, Gattai risponde così: “Sofia ha due c... giganteschi. Di Federica sono abbastanza amico, suo papà ha allenato mio figlio Luca (Bruno ne ha cinque, ndr)”.

Dalla delusione per l'interruzione del rapporto lavorativo con Donatella Versace all'ammirazione per Guido Barilla (“lo considero un fratello, gli affiderei tutta la mia famiglia”), la chiusura è su Milano Cortina 2026. Gattai non ha mai avuto l'opportunità di commentare i Giochi Olimpici in casa, “ma non ho rimpianti, si tratta di un capitolo chiuso”.

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