"The ultimate run", la missione impossibile della leggenda Markus Eder

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Freestylel'intervista

"The ultimate run", la missione impossibile della leggenda Markus Eder

Spopola sul web l'ultimo cortometraggio del campione altoatesino alla ricerca della discesa perfetta. L'abbiamo incontrato a Milano e...

Metti un freestyler tra i più influenti nel panorama internazionale, aggiungi seracchi ricoperti di soffice powder, una manciata di stalagmiti di ghiaccio e mixa tutto con Redbull. La miscela non può che essere un'esplosione di energia: quella servita nell'ultimo adrenalinico video ideato da Markus Eder, “The ultimate run”.

Ci sono voluti due anni di riprese per realizzare questa impresa da sogno e per disegnare la linea perfetta. A trasformarla in pellicola, la crew di Legs of Steel, diretta dal regista e snowboarder Christoph Thorensen. Il cortometraggio ha per interprete il protagonista indiscusso della neve fresca Markus Eder che, in omaggio alla montagna e alla sua terra, dà fondo alle sue immense doti di sciatore allround. Dal progetto, ideato e in parte approcciato già nel 2015, esce un atleta tra i più versatili al mondo, capace di spaziare, senza sbavature, tra i diversi stili di freeskiing, passando dallo street, al park al backcountry.

Il tutto condito da fantasia, innovazione e tanto, tanto divertimento. La discesa perfetta di Markus si snoda tra quattro località. Inizia da Zermatt, sotto lo sguardo severo del Cervino, poi uno slalom tra immensi seracchi, torrioni di neve fresca e salti infiniti su dislivelli da togliere il fiato. Stalattiti di ghiaccio vegliano l'ingresso di una grotta glaciale, meandro silenzioso nel cuore della terra. Qui una sapiente regia mixa audacia, mistero e natura. La luce fuori dal tunnel è la pista di casa.

Lo ski-park di Klausberg dove Markus ritrova gli amici e i sorrisi di sempre, che lo hanno accompagnato nel suo percorso da slalomista a freestyler. Cornice da sogno la neve fresca che ammanta la fortezza del Castello di Tures, dove è nato il padre di Markus e tra le cui mura medievali i trick diventano sempre più creativi. Il museo minerario è infine l'inaspettato teatro di millimetrici passaggi in slide che riportano Markus a fondovalle, dove rallenta e si ferma davanti al tramonto, con un enorme sorriso sul volto.

Dieci minuti da brividi, che hanno incollato al monitor quasi due milioni di fans, in poco meno di due settimane, dalla première milanese dove lo abbiamo incontrato.

Come nascono i tuoi progetti, da dove viene l'ispirazione?

Sono ispirato da tantissime cose, che man mano nella testa crescono. A volte mi sveglio di notte e mi viene uno spunto, un'idea e da qui parto con il cervello e mi sembra come di fiorire, per un attimo. E mi fa sognare. La mia ispirazione spesso arriva così. Anche le gare sono fonte di ispirazione, il voler vincere lo è.

Freeride, freestyle, c'è sempre la parola free nella tua vita. Che cos'è per te la libertà?

Già quando facevo sci alpino non mi piaceva che l'allenatore dicesse cosa si potesse fare e cosa no. Io ero sempre un po' contrario all'autorità. Agli inizi, mi ricordo ancora, quello che mi stupì di più era vedere snowboarder da soli, senza adulti, senza allenatori, vestiti come gli piaceva, senza divisa, impegnarsi tantissimo nel convincere il direttore degli impianti a costruire uno snow park. Alla fine ci sono riusciti, sono stato contentissimo e mi hanno insegnato tanto; ad avere autoiniziativa, prendere la pala e darsi da fare. Cosa che oggi mi sembra manchi un po' ai giovani.

Sei un uomo di montagna, qual è il tuo rapporto con lei?

La montagna mi fa sentire di avere le cose sotto controllo. Lo sci mi ha fatto affrontare il quotidiano con più piacere, perché mi ha fatto fare il passaggio lavorativo dietro le quinte. Nella vita di tutti i giorni mi sento normale, a volte magari un po' perso. Invece in montagna entro nello state of flow e tutto succede automaticamente, è più semplice.

Cos'è il limite per Markus Eder: qualcosa da rispettare o qualcosa da superare?

Il piacere, i momenti più belli e più importanti, sono venuti fuori sorpassando il limite. È una cosa da rispettare quando sai che superarlo significa rischiare di morire, è da superare quando ti fa andare oltre la tua comfort zone e ti permette di migliorarti nella tecnica e nelle esperienze.

Il divertimento che ruolo ha nella tua vita?

Se non ci fosse divertimento non saprei come andare avanti con quello che faccio. É il divertimento che rende ciò che è pesante leggero. Io mi sono allenato e mi alleno tantissimo, ho fatto anche cose noiose, però il divertimento è sempre riuscito ad annullare questa sensazione e a farmi piacere tutto ciò che faccio.

Una produzione come questa è molto impegnativa, a livello fisico ma anche mentale. Come fai a superare la pressione?

La supero spingendomi. Quest'ultimo anno è stato molto duro. Avevo così tanta voglia di realizzare questo progetto, da sentirlo addosso come un peso. Non potevo assolutamente infortunarmi, perché avrei compromesso anche il lavoro degli altri, degli operatori che ci hanno creduto fino in fondo e il cui entusiasmo è stato per me una fonte di motivazione. A un certo punto, fuori dal set, il senso del dovere e quello del piacere erano arrivati ad avere lo stesso peso sulla mia personale bilancia.

Era un combattimento contro me stesso. Però poi, appena mettevo gli sci ai piedi, il mondo tornava a fiorire e in quei momenti sapevo che ce l'avrei fatta.

Ormai sei un personaggio pubblico, in tantissimi ti seguono. Ti senti in qualche modo in dovere di essere un esempio?

Penso a volte che dovrei esserlo, ma non ci riesco... Forse anche per questo: perché i miei esempi sono quelli che se ne fregano di essere degli esempi.

 

Martina Folco Zambelli

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