La diciottesima puntata del romanzo olimpico invernale caratterizzata dai capricci del maltempo e dalle grandi imprese di Hermann Maier dopo la paurosa caduta in discesa, è anche l'ultima Olimpiade per Alberto Tomba e Deborah Compagnoni.
Cinque città si presentano alla 97a sessione del CIO di Birmingham del 15 giugno 1991 come candidate a ospitare la 18a edizione dei Giochi olimpici invernali in programma nel 1998. Alla prima votazione c’è grandissimo equilibrio: la giapponese Nagano prende 21 voti, la spagnola Jaca 19, la svedese Östersund, che fu l’ultima a cedere a Lillehammer per i Giochi del 1994, 18, l’italiana Aosta e la statunitense Salt Lake City, queste due città vanno allo spareggio per determinare la prima eliminata ed è Aosta a perdere per 59 a 29. Secondo turno: Nagano è sempre in testa con 30 voti, Salt Lake City 27, Östersund 25 e Jaca fuori gioco con solo 5. Terzo turno: Nagano 36, ancora senza maggioranza assoluta, Salt Lake City 29, Östersund eliminata con 23. Nella votazione decisiva Nagano prevale per 46 a 42 su Salt Lake City che sembrava più accreditata, i Giochi tornano quindi in Giappone dopo 26 anni ma non sull’isola di Hokkaidō dove si trova Sapporo bensì su quella di Honshū, la più grande del paese del Sol Levante, dove oltre alla capitale Tokyo si trova Nagano, capoluogo dell’omonima prefettura.
Quasi sempre le Olimpiadi invernali sono state avversate dalle condizioni meteo: troppo caldo, troppo freddo, troppa neve, pioggia, nebbia etc. etc. ma in questi Giochi si oltrepassò ogni limite. Soprattutto le gare di sci alpino, ma non solo, furono ostacolate dal maltempo e, nel caso della discesa maschile, si disputò dopo tre rinvii: non si arrivò al livello dei Mondiali di sci alpino più disgraziati della storia, quella di Morioka del 1993, quando non si poté mandare in scena il superG maschile, ma ci mancò poco. Gli eventi salgono da 61 a 68, dopo 74 anni torna nel programma ufficiale il curling maschile e il torneo viene vinto dalla Svizzera dello skip Patrick Hürlimann che nella finale travolge a sorpresa per 9-3 i canadesi di Mike Harris, che avevano battuto i rossocrociati nel girone eliminatorio per 8-3 e che si sentivano già vincitori. Si svolge per la prima volta invece il torneo femminile nel quale il Canada si prende la rivincita della disfatta degli uomini, Sandra Schmirler guida le compagne al successo nella finale per 7-5 la Danimarca, purtroppo la skip nordamericana, tornata in patria da eroina, morirà di un tumore solamente due anni dopo a 36 anni.
Debutta anche l’hockey su ghiaccio femminile con la finale che vede protagoniste le pronosticate della vigilia e gli Stati Uniti che sconfiggono il Canada per 3-1. Ultima, e grossa novità di questi Giochi lo snowboard, che prevede gigante (non parallelo come accadrà in seguito ma individuale, come la corrispettiva prova dello sci alpino) e hafpipe sia per gli uomini che per le donne. Le gare del “mezzo tubo” vengono vinte dallo svizzero Gian Simmen e dalla tedesca Nicola Thost, il gigante femminile se lo aggiudica la francese Karine Ruby, una delle atlete più vincenti nella storia degli sport invernali. Più controverso l’esito del gigante maschile: il canadese Ross Rebagliati batte per soli 2 centesimi l’altoatesino Thomas Prugger ma gli viene tolto l’oro perché trovato positivo alla marijuana, una sostanza che nelle liste del CIO non è proibita ma solamente sottoposta a “restrizione”. Su questo si basa la difesa del comitato olimpico canadese, lo stesso Rebagliati confessa di averne respirato il fumo passivo a una festa otto giorni prima della gara dopo che per mesi e mesi non l’aveva toccata. Il CIO, d’accordo con la FIS, fa marcia indietro e restituisce l’oro a Rebagliati e Prugger si accontenta di essere il primo medagliato olimpico italiano nella tavola sulla neve.
Tornando all’hockey, nel torneo maschile vengono finalmente ammessi i professionisti dell’NHL, con 6 anni di ritardo sull’NBA per quanto riguarda il basket, il massimo campionato professionistico nordamericano dell’hockey viene così sospeso per tutta la durata dei Giochi, per permettere ai giocatori che vi militano, di parteciparvi. A trionfare è la Repubblica Ceca, l’eroe di quella squadra è Dominik Hašek, che gioca nei Buffalo Sabres, autore di 38 salvataggi nella partita vinta per 4-1 col Canada, nella semifinale contro gli Stati Uniti para tutti e cinque gli shootout qualificando i suoi per la finale contro la Russia nella quale mantiene inviolata la sua porta, mentre il compagno Petr Svoboda a poco meno di 12 minuti dalla fine segna il gol del definitivo 1-0 e fa esplodere gioia un paese intero che si è svegliato all’alba e fermato per assistere alla finale e che vive quasi una seconda (anticipata) primavera di Praga a distanza di trent’anni da quella vera. Nel freestyle, tre titoli su quattro vanno agli Stati Uniti: gli aerials maschili a Eric Bergoust, quelle femminili a Nikki Stone, le gobbe maschili a Jonny Moseley, gli Usa mancano solo le gobbe femminili che vanno a Tae Satoya, prima giapponese donna a vincere un oro olimpico invernale che va ad aggiungersi alla galleria degli atleti che hanno vinto un oro o una medaglia a cinque cerchi poco dopo la perdita di un genitore, nel suo caso del padre.
Nel pattinaggio di figura, come a Nagano l’artistico maschile viene vinto da un russo, stavolta Ilya Kulik, ma davanti agli stessi che arrivarono secondo e terzo in Norvegia dietro Aleksei Urmanov, e cioè il canadese Elvis Stojko e il francese Philippe Candeloro. Nell’artistico femminile l’attesissimo duello tra le teenager statunitensi Tara Lipinski e Michelle Kwan lo vince la prima, che a 15 anni e 255 giorni batte il record di Sonja Henie e diventa la più giovane donna vincitrice di un oro olimpico invernale. Nelle coppie, a sei anni di distanza il russo Artur Dmitriev torna sul trono olimpico ma con una partner diversa, non più Natalya Mishkutenok, con la quale è stato anche argento quattro anni prima, bensì Oksana Kazakova. Nella danza si confermano i dominatori della specialità, Oksana Grischuk ed Evgeny Platov, anche se lei da circa un anno, stufa di essere confusa con l’oro di Lillehammer Oksana Baiul, si fa chiamare “Pasha” prendendo spunto dal nome di un orologio di Cartier.
Nel pattinaggio di velocità su pista lunga i 500 metri si disputano per la prima volta con il format di due serie e relativa somma dei tempi, tra gli uomini trionfa l’uomo che tutto il Giappone aspettava sul gradino più alto del podio, il primatista del mondo Hiroyasu Shimizu, anche tra le donne vince la grande favorita, la canadese Catriona LeMay Doan. Nelle altre gare maschili tre titoli su quattro vanno all’Olanda, quello dei 1000 a Ids Postma, quelli dei 5000 e 10000, con tanto di record del mondo, al fenomenale Gianni Romme, quello dei 1500 lo vince il norvegese Ådne Søndrål, tra le donne l’olandese Marianne Timmer fa doppietta sui 1000 e 1500, i 3000 e i 5000 vanno rispettivamente alle tedesche Gunda Niemann e Claudia Pechstein, che si battono reciprocamente sulle due distanze, la prima vince anche l’argento sui 1500, la seconda si conferma sul trono olimpico nella gara piùlunga. Nello short track maschile, successo a sorpresa del giapponese Takafumi Nishitani sui 500, al sudcoreano Kim Dong-sung vanno i 1000 mentre il Canada trionfa nella staffetta, in campo femminile la canadese Annie Perrault trionfa sui 500 grazie alla caduta delle due favorite, la connazionale Isabelle Charest e la cinese Wang Chunlu, sui 1000 vince la sudcoreana Chun Lee-kyung su colei che le aveva strappato il record del mondo nei quarti di finale, la cinese Yang Yang [A], che poi viene squalificata, Chun aggiunge poi l’oro nella staffetta.
Nel salto con gli sci il finlandese Jani Soininen smentisce la fama di essere “l’uomo da un solo salto” vincendo dal trampolino piccolo battendo il beniamino di casa Kazuyoshi Funaki che poi si rifà dal trampolino grande trionfando con un secondo salto che gli vale tutti 20, da parte dei giudici, in una parola la perfezione. Funaki e i suoi compagni mandano in visibilio il Giappone vincendo la gara a squadre nella quale Masahiko Harada, che con un pessimo secondo salto quattro anni prima consegnò l’oro alla Germania e che dal trampolino piccolo di Nagano scese dal primo al quinto posto dopo la seconda serie, dimostra una volta di più di essere capace di tutto nel bene e nel male con un primo salto da 79,5 metri, che costa al Giappone addirittura una sottrazione di punti, e un secondo invece da 137 metri che lancia invece i nipponici verso il trionfo col salto finale di Funaki. Sono norvegesi le gare della combinata nordica individuale a squadre con Bjarte Engen Vik che nella Gundersen individuale batte l’astro nascente finlandese Samppa Lajunen.
E ora, già detto dell’argento di Prugger nello snowboard, gli altri cinque sport in cui l’Italia porta a casa medaglie. Nel biathlon Pieralberto Carrara con quattro poligoni perfetti è incredibilmente argento nell’individuale a soli 5”5 dal "bisonte bianco" norvegese Halvard Hanevold, la sprint viene invece sospesa a causa di nebbia e neve, viene rifatta il giorno dopo dal norvegese Ole Einar Bjørndalen, al suo primo trionfo a cinque cerchi. La staffetta maschile la vince la Germania, così come quella femminile, nell’individuale donne vince la bulgara Ekaterina Dafovska, primo oro olimpico invernale per il suo paese, la sprint se la aggiudica la russa Galina Koukleva. A trent’anni di distanza dai trionfi di Eugenio Monti l’Italia torna sul gradino più alto del podio del bob per merito di Günther Huber, che insieme al suo frenatore Antonio Tartaglia vince la gara a due ex-aequo con i canadesi Pierre Lueders e Dave MacEachern: importante la differenza con Monti, anche lui arrivato ex-aequo con un equipaggio tedesco ma alla fine unico vincitore perché allora il regolamento in caso di parità assegnava il titolo a chi aveva fatto la manche più veloce. Nella gara a quattro, che vede la seconda manche cancellata a causa della pioggia (!), oro a Christoph Langen, Nel podio dello slittino maschile l’altoatesino Armin Zöggeler sale di un gradino rispetto a Lillehammer e conquista l’argento ma non riesce a scalzare Georg Hackl, che dopo non aver vinto neanche una delle sei gare stagionale si conferma per la terza volta consecutiva campione olimpico in questo evento. Targate Germania sono anche le altre gare di questo sport, quella femminile è appannaggio di Silke Kraushaaar, il doppio di Stefan Krausse e Jan Behrendt.
Nello sci alpino le uniche medaglie italiane arrivano da Deborah Compagnoni, che nello slalom viene beffata per soli 6 centesimi dalla tedesca Hilde Gerg ma poi si rifà con gli interessi in gigante conquistando il suo terzo oro olimpico in tre edizioni e secondo consecutivo nella specialità con un distacco siderale, 1”80, sulla seconda classificata, l’austriaca Alexandra Meissnitzer. Da notare che la fuoriclasse di Santa Caterina Valfurva i tre ori a cinque cerchi li ha vinti sempre con un distacco superiore al secondo e nelle quattro manche di gigante che ha completato ha sempre fatto il miglior tempo! Nelle altre gare femminili, la tedesca Katja Seizinger si conferma oro olimpico in discesa e poi fa il bis in combinata davanti alle connazionali Martina Ertl e Hilde Gerg, la statunitense Picabo Street, di solito più accreditata in discesa e tornata non da molto da uno dei suoi mille gravi infortuni, acciuffa invece il suo unico a titolo a cinque cerchi beffando per un centesimo l’austriaca Michaela Dorfmeister nel superG. Tra gli uomini dà spettacolo Hermann Maier: nella discesa, rinviata più volte per il maltempo e che premia il francese Jean-Luc Cretier, mai vincitore né prima né dopo in Coppa del Mondo, l’austriaco esce miracolosamente illeso da un volo pauroso nella parte alta del tracciato che tutti gli appassionati ricordano e poi nei giorni successivi trionfa sia in superG che in gigante meritandosi il soprannome di Herminator. Anche in slalom, come in discesa, c’è un vincitore a sorpresa, il norvegese Hans Petter Buraas, così come in combinata, dove il successo va all’austriaco Mario Reiter.
Nel fondo, Bjørn Dæhlie si consacra re assoluto dei Giochi invernali arrivando a dodici medaglie totali, otto ori e quattro argenti, di cui sei ori e tre argenti individuali, a Nagano il norvegese trionfa, oltre che in staffetta, nella 10 km classica e nella 50 km skating, al termine della quale resta senza fiato per cinque lunghissimi minuti prima di riuscire a riprendersi. Nella 15 km skating a inseguimento viene invece sorpassato dal connazionale Thomas Alsgaard che rimonta dalla quinta posizione della 10 km. La 30 km in alternato è appannaggio del finlandese Mika Myllylä mentre Silvio Fauner conquista il bronzo. E poi c’è la staffetta, che vede, come quattro anni prima, il duello tra Norvegia e Italia. Gli azzurri schierano Marco Albarello, Fulvio Valbusa, Fabio Maj e in ultima frazione ancora Fauner ma nel quartetto scandinavo c’è un cambiamento importante: Dæhlie è in terza frazione e Alsgaard in ultima e questo fa tutta la differenza del mondo perché se quattro anni prima Fauner aveva battuto Dæhlie in volata per 4 decimi stavolta deve cedere per soli 2 decimi a Alsgaard che vendica così la sconfitta del BIrkebeineren Stadium lasciando all’Italia l’argento. Tra le donne è en-plein della Russia: cinque ori su cinque. Oltre al successo in staffetta, arrivano quelli di Larisa Lazutina nella 5 km classica e nella 10 km skating a inseguimento, di Olga Danilova nella 15 km classica e di Yuliya Chepalova nella 30 km skating nella quale Stefania Belmondo è argento, l’Italia è poi per la terza volta consecutiva bronzo nella staffetta femminile con Karin Moroder, Gabriella Paruzzi, Manuela Di Centa e la stessa Belmondo.
La nostra spedizione termina ancora una volta un’edizione dei Giochi invernali in doppia cifra di metalli preziosi, esattamente dieci. Chiudiamo come di consueto con gli altri risultati di rilevo degli azzurri. Alessandro Fattori è quarto in superG e sesto in combinata, Kristian Ghedina sesto in discesa, Morena Gallizio è quinta in combinata e ottava in slalom e Sabina Panzanini ottava in slalom. Come Deborah Compagnoni anche Alberto Tomba è alla sua ultima Olimpiade, la quarta, ma finisce fuori nella prima manche del gigante e non parte nella seconda dello slalom dopo aver chiuso diciassettesimo la prima. Oltre all’argento nell’individuale del biathlon Carrara è decimo nella sprint così come Nathalie Santer nella stessa gara tra le donne, Fauner è quarto nell’inseguimento e decimo nella 10 e nella 50 km, Valbusa arriva tre volte quinto nella 30 km, nell’inseguimento e nella 50 km, Albarello è settimo nella 30 km e Maurizio Pozzi nono nella 50 km, Belmondo è anche quinta nell’inseguimento e ottava nella 15 km mentre Paruzzi è nona nella 5 km e decima nella 30 km. Nella danza si affacciano alla ribalta olimpica con un sesto posto Barbara Fusar Poli e Maurizio Margaglio. Nello slittino, la campionessa uscente delle donne Gerda Weissensteiner è nona, le nostre coppie del doppio, Kurt Brugger/Wilfried Huber e Gerhard Plankensteiner/Oswald Haselrieder, sono rispettivamente quinta e sesta, Reinhold Rainer e Norbert Huber sono ottavo e decimo nel singolo maschile. Nello short track la staffetta maschile è vittima di una caduta a una ventina di giri dalla fine e termina quarta, Fabio Carta è sesto nei 1000 e Mara Urbani quinta nei 500 femminili. Sulla pista lunga arrivano quattro noni posti: Ermanno Ioriatti nei 500 maschili, Roberto Sighel nei 5000 e nei 10000 ed Elena Belci nei 5000 donne. Per finire, nel gigante maschile dello snowboard alle spalle dell’argento di Prugger c’è il settimo posto di Martin Freinademetz, nel femminile abbiamo uno squadrone che però non riesce ad andare a medaglia: Lidia Trettel è quarta, Marion Posch sesta, Dagmar Mair Unter der Eggen settima e Margherita Parini tredicesima.
Riepilogo
18a edizione dei Giochi Olimpici invernali
Città ospitante e data di svolgimento: Nagano (Giappone), 7-22 febbraio 1998
Atleti partecipanti: 2180 (1391 uomini, 789 donne)
Nazioni partecipanti: 72
Italiani partecipanti: 113 (79 uomini, 34 donne)
Portabandiera italiano: Gerda Weissensteiner (slittino)
Titoli assegnati: 68 in 14 sport
Apertura ufficiale: imperatore Akihito
Giuramento olimpico degli atleti: Kenji Ogiwara (combinata nordica)
Giuramento olimpico dei giudici: Junko Hiromatsu
Ultimo tedoforo: Midori Ito
Il medagliere
Germania: 12 ori 9 argenti 8 bronzi
Norvegia: 10 ori 10 argenti 5 bronzi
Russia: 9 ori 6 argenti 3 bronzi
Canada: 6 ori 5 argenti 4 bronzi
Stati Uniti: 6 ori 3 argenti 4 bronzi
Olanda: 5 ori 4 argenti 2 bronzi
Giappone: 5 ori 1 argento 4 bronzi
Austria: 3 ori 5 argenti 9 bronzi
Corea del Sud: 3 ori 1 argento 2 bronzi
Italia: 2 ori 6 argenti 2 bronzi
Finlandia: 2 ori 4 argenti 6 bronzi
Svizzera: 2 ori 2 argenti 3 bronzi
Francia: 2 ori 1 argento 5 bronzi
Repubblica Ceca: 1 oro 1 argento 1 bronzo
Bulgaria: 1 oro
Cina: 6 argenti 2 bronzi
Svezia: 2 argenti 1 bronzo
Danimarca: 1 argento
Ucraina: 1 argento
Bielorussia: 2 bronzi
Kazakistan: 2 bronzi
Australia: 1 bronzo
Belgio: 1 bronzo
Gran Bretagna: 1 bronzo
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