La storia delle Olimpiadi invernali - Squaw Valley 1960, i Giochi della città-fantasma e del miracolo dimenticato

La storia delle Olimpiadi invernali - Squaw Valley 1960, i Giochi della città-fantasma e del miracolo dimenticato
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La storia delle Olimpiadi invernali - Squaw Valley 1960, i Giochi della città-fantasma e del miracolo dimenticato

L'ottava puntata del romanzo olimpico invernale nella quale il Team Usa dell'hockey su ghiaccio compì un'impresa simile a quella conosciuta da tutti di Lake Placid 1980.

Indovina i 98 podi olimpici di Sochi 2014!

Sono quattro le località candidate a ospitare le ottave Olimpiadi invernali nel 1960. Tre sono notissimi centri invernali europei, due di questi, Garmisch-Partenkirchen e St. Moritz, hanno già ospitato i Giochi bianchi mentre il terzo, Innsbruck, è il principale favorito. La quarta non è una località ma è il nome di una zona della California, più precisamente della Sierra Nevada, dove sorgeva un antico centro minerario, Squaw Valley (squaw significa donna per gli antichi indigeni americani, quindi "la valle delle donne"), e che ha un solo abitante e proprietario, Alexander Cushing. Costui ambisce a fare di Squaw Valley un centro sciistico di livello mondiale e tenta addirittura una mossa che sembra folle, e cioè quella di portare i Giochi olimpici invernali in quella valle della California. A nome della Squaw Valley Development Company di cui è presidente, Cushing convince il governatore dello stadio a finanziare con un milione di dollari la candidatura olimpica che viene approvata dal comitato olimpico statunitense il 7 gennaio 1955, quindi poco dopo arrivano anche gli ok del Congresso Federale e del presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower. La candidatura di Squaw Valley è quindi ufficiale ma non si vede come possa prevalere contro i giganti europei che dovrà affrontare alla 50a assemblea del CIO di Parigi il 16 giugno 1955.

Eppure i rapporti e i progetti presentati da Cushing al Comitato Olimpico internazionale e la rivalità tra i membri europei del comitato provoca il miracolo: già alla prima tornata Squaw Valley ha più voti di tutti, 30, contro i 24 di Innsbruck, i 5 di Garmisch-Partenkirchen e i 3 di St. Moritz. La maggioranza assoluta però non c'è ed è necessario il ballottaggio tra le prime due, nel quale Squaw Valley prevale di strettissima misura su Innsbruck, 32 a 30. Il presidente del CIO Avery Brundage avverte tuttavia che se non arriveranno altri quattro milioni di dollari di finanziamento al consorzio californiano entro l'aprile 1956 i Giochi passeranno a Innsbruck. I quattro milioni arrivano il 4 aprile 1956 grazie allo Stato e quindi la città-fantasma (al momento dell'assegnazione nella valle esistono solamente una seggiovia, due skilift e un albergo con 50 camere) è ufficialmente la sede delle Olimpiadi bianche del 1960, 28 anni dopo l'unica edizione fino ad allora disputata in Nordamerica, a Lake Placid. In quattro anni verranno costruiti in fretta e furia gli impianti di gara e il villaggio olimpico, il primo composto dal centro di ristorazione degli atleti e da quattro dormitori della storia delle Olimpiadi invernali.

In avvicinamento alla data di apertura del 18 febbraio non mancheranno certo le polemiche: le altitudini delle gare di sci alpino e nordico, che vanno dai 1900 metri in su, vengono considerate troppo elevate; l'assemblea del CIO che tradizionalmente si tiene durante le Olimpiadi invernali ed estive nella località ospitante stavolta si svolge a San Francisco, a più di 300 km di distanza, a causa della mancanza di strutture ricettive. Malgrado il miglioramento dei trasporti negli anni trascorsi dal 1932 sono ancora tante le defezioni degli atleti, 150 in meno rispetto a Cortina d’Ampezzo quattro anni prima, e in modo particolare annunciano di voler partecipare alle gare di bob solo nove nazioni, pertanto gli organizzatori ritengono il costo di costruzione della pista eccessivo per una partecipazione così esigua e così il budello non viene costruito. Questa sarà quindi l'unica edizione dei Giochi invernali senza le gare di bob, in compenso entrano nel programma il biathlon, con la gara individuale di 20 km, e finalmente, è proprio il caso di dire, il pattinaggio di velocità femminile con quattro gare che fanno salire i titoli da assegnare a 27, tre in più di quelli di Cortina.

Come otto anni prima a Oslo la fiaccola olimpica è stata accesa nella casa di Sondre Norheim a Morgedal e stavolta ha dovuto fare un viaggio molto più lungo. Il responsabile del programma della cerimonia d'apertura, e anche di quella di chiusura, è nientepopodimeno che Walt Disney, e questi due eventi saranno indubbiamente i più riusciti dei Giochi. Dicevamo del biathlon e del pattinaggio di velocità femminile: il primo campione olimpico dello sci di fondo più tiro a segno è lo svedese Klas Lestander, sulla pista lunga dominano le sovietiche con Klara Guseva che vince i 1000 e Lidiya Skoblikova, una che quattro anni più tardi entrerà nella storia, che si impone sui 1500 e sui 3000, solo la gara dei 500 non va alle rappresentanti dell’Urss bensì a Helga Haase, la prima della Germania orientale uomini compresi ad aggiudicarsi un oro ai Giochi invernali anche se le due Germanie continuano a gareggiare sotto la stessa bandiera. Tra gli uomini Evgeny Grishin conferma i due titoli olimpici vinti a Cortina ed è sempre più “mister ex-aequo”: come quattro anni prima trionfa sui 500 eguagliando il suo record del mondo e come quattro anni prima trionfa sui 1500 pari merito con un altro, il norvegese Roald Aas. L’Urss porta a casa l’oro anche sui 5000 con Viktor Kosichkin, la Norvegia anche quello sui 10000 con Knut Johannesen, che polverizza di 46 secondi il precedente record del mondo del connazionale Hjalmar Andersen.

A proposito di norge, l’unico titolo che vincono nello sci nordico è quello nella 15 km maschile con Håkon Brusveen, la Svezia si aggiudica la 30 km maschile col suo fuoriclasse Sixten Jernberg e la staffetta femminile, la Finlandia la 50 km maschile con Kalevi Hämäläinen e la staffetta maschile grazie a una rimonta pazzesca del mito Veikko Hakulinen proprio ai danni di Brusveen, l’Urss si aggiudica la 10 km femminile con Mariya Gusakova e ancora una volta perdono l’oro in staffetta per colpa di Radya Yeroshina, caduta come a Cortina ma stavolta in prima frazione anziché in ultima. Sono appannaggio della squadra unita della Germania il salto con gli sci e la combinata nordica, il primo lo vince il tedesco Est Helmut Recknagel, grandissimo personaggio del salto teutonico, la seconda il tedesco Ovest Georg Thoma. Nello sci alpino, grazie alla sua posizione a uovo e agli sci metallici trionfa il francese Jean Vuarnet, che in seguito, oltre a fondare l’omonima marca di abbigliamento e la stazione sciistica di Avoriaz, sarà direttore tecnico della squadra italiana e plasmerà quasi tutti i protagonisti di quella che dopo di lui sarà la “valanga azzurra”.

Nelle altre gare dell’alpino due titoli per la Svizzera con Roger Staub nel gigante maschile e Yvonne Rüegg in quello femminile dove c’è anche l’unica medaglia per l’Italia, quella di Giuliana Chenal-Minuzzo, bronzo come in discesa nel 1952; l’austriaco Ernst Hinterseer vince lo slalom maschile, quello femminile va alla canadese Anne Heggtveit, la discesa la vince la tedesca Ovest Heidi Biebl. Anche l’artistico a coppie va al Canada per merito di Barbara Wagner e Robert Paul, lo statunitense David Jenkins imita il fratello maggiore Hayes Alan vincitore a Cortina e trionfa nella gara maschile, in quella femminile c’è il lieto fine per la newyorchese Carol Heiss che può finalmente dedicare alla memoria l’oro olimpico alla madre morta nel 1956 pochi mesi dopo che la piccola Carol era stata argento a Cortina. Stati Uniti ancora una volta sul gradino più alto del podio nell’hockey su ghiaccio dove trionfano per la prima volta.

Tutti ricordano il “Miracle on Ice” del 1980 a Lake Placid ma pochi si ricordano di questa edizione dei Giochi: anche in questa occasione i padroni di casa partono nettamente sfavoriti rispetto ai campioni in carica dell’Unione Sovietica e in una tournée prima dei Giochi hanno ottenuto risultati modesti, eppure col passare dei giorni migliorano progressivamente tanto da battere di stretta misura sia il Canada (2-1) che l’Urss (3-2). Questo straordinario risultato, molto meno reclamizzato rispetto a quello di vent’anni dopo, è oggi noto come “The Forgotten Miracle”, “il miracolo dimenticato”. Il medagliere italiano è fortemente penalizzato dall’assenza del bob, nel quale Eugenio Monti. aveva alte probabilità di vincere entrambe le gare. Pia Riva è quarta nella discesa femminile, Carla Marchelli quinta nel gigante del bronzo di Chenal-Minuzzo, stesso piazzamento per Bruno Alberti nel gigante maschile e nella staffetta del fondo degli uomini.

 

Riepilogo

8a edizione dei Giochi Olimpici invernali

Città ospitante e data di svolgimento: Squaw Valley (Stati Uniti), 19-28 febbraio 1960

Atleti partecipanti: 665 (521 uomini, 144 donne)

Nazioni partecipanti: 30

Italiani partecipanti: 28 (21 uomini, 7 donne)

Portabandiera italiano: Bruno Alberti (sci alpino)

Titoli assegnati: 27 in 8 sport

Apertura ufficiale: vicepresidente Richard Nixon

Giuramento olimpico degli atleti: Carol Heiss (pattinaggio di figura)

Ultimo tedoforo: Ken Henry

 

Il medagliere

Unione Sovietica: 7 ori 5 argenti 9 bronzi

Germania Unificata: 4 ori 3 argenti 1 bronzo

Stati Uniti: 3 ori 4 argenti 3 bronzi

Norvegia: 3 ori 3 argenti

Svezia: 3 ori 2 argenti 2 bronzi

Finlandia: 2 ori 3 argenti 3 bronzi

Canada: 2 ori 1 argento 1 bronzo

Svizzera: 2 ori

Austria: 1 oro 2 argenti 3 bronzi

Francia: 1 oro 2 bronzi

Polonia: 1 argento 1 bronzo

Olanda: 1 argento 1 bronzo

Cecoslovacchia: 1 argento

Italia: 1 bronzo

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