K2: settanta anni fa l'impresa sulla "montagna degli italiani"

K2: settanta anni fa l'impresa sulla 'montagna degli italiani'
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Achille Compagnoni / Public Do

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K2: settanta anni fa l'impresa sulla "montagna degli italiani"

Nel tardo pomeriggio del 31 luglio 1954, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli conquistano, per la prima volta, la vetta del K2, la seconda montagna più alta del mondo. A poche ore dall'anniversario, ripercorriamo quell'impresa leggendaria.

Esplorato sin dal 1909, da Luigi Amedeo Duca degli Abruzzi con il fotografo Vittorio Sella, il versante pakistano del K2, con la sua vetta a 8611 metri, rimase invitto per più di 40 anni quando all'inizio degli anni cinquanta, l'Italia della ricostruzione, alla ricerca di una impresa tangibile a testimoniare la rinascita dopo il dramma della seconda guerra mondiale, impegnò grandi risorse in una spedizione himalayana per la conquista della seconda montagna più alta del mondo, quattro anni dopo la prima ascesa di un 8.000 avvenuta per mano francese, con i francesi Maurice Herzog e Louis Lachenal, sull'Annapurna e un anno dopo la prima ascesa all'Everest del britannico Edmund Hillary, con Tenzing Norgay.

Il Club Alpino Italiano e il governo italiano a cavallo tra il 1953 e il 1954 decidono di organizzare una spedizione ufficiale verso il K2 e la affidano al geologo Ardito Desio. Dopo sfiancanti selezioni, che portano ad alcune controverse esclusioni come quelle di Riccardo Cassin e Cesare Maestri, sono tredici gli alpinisti italiani a raggiungere il Pakistan: Erich Abram, Ugo Angelino, Walter Bonatti, Achille Compagnoni, il fotografo e cineoperatore Mario Fantin al quale si devono le splendide immagini del film ufficiale Italia K2 di recente restaurato dalla Cineteca di Bologna, Cirillo Floreanini, Pino Gallotti, Lino Lacedelli, Guido Pagani, Mario Puchoz, Ubaldo Rey, Gino Soldà e Sergio Viotto. A loro per le attività in alta quota vennero aggiunti 10 portatori hunza tra i quali Amir Mahdi e Isakhan.

Nelle prime fasi, la spedizione italiana paga un alto contributo umano con la morte, avvenuta il 21 giugno al campo II a 6095 metri, per edema polmonare di Mario Puchoz. Non meno drammatiche sono le ultime giornate dell'attacco alla vetta quando la sera del 29 luglio, al campo VIII a 7627 metri, un migliaio di metri dalla cima, Compagnoni, Lacedelli, Bonatti e Gallotti devono gestire l'attacco alla vetta dovendo però recuperare le fondamentali bombole d'ossigeno lasciate 400 metri più in basso.

Il 30 luglio, Compagnoni e Lacedelli partono con l'obiettivo di allestire l'ultimo campo intorno agli 8100 metri mentre Bonatti e Gallotti hanno l'incarico di scendere a prendere l'ossigeno e portarlo in quota ai compagni. Al campo VII, Bonatti con l'hunza Mahdi recupera le bombole ma nella risalita non trova il campo finale dove era stato definito ed è costretto ad una notte all'addiaccio a 8000 metri e -40 di temperatura. Il giorno successivo Mahdi e lo stesso Bonatti scendono mentre Compagnoni e Lacedelli, recuperate le bombole, dopo 10 ore di ascesa conquistano la vetta inviolata.

Al ritorno della spedizione in Italia, Ardito Desio presentò al Club Alpino Italiano la relazione ufficiale sulla spedizione che portò presto all'apertura di un caso durato decenni per la sottovalutazione del contributo di Mahdi, che perse per congelamento quasi tutte le dita di mani e piedi, e di Walter Bonatti cie si impegno praticamente fino alla sua morte, avvenuta nel 2011, per ristabilire la verità. Si arrivò, addirittura, nel 1964 ad un processo per diffamazione, vinto dall'alpinista bergamasco accusato di aver utilizzato l'ossigeno destinato ai suoi compagni e di aver abbandonato lo hunza al suo destino.

Dopo un primo intervento riparatore del CAI nel 1994, si dovette attendere il cinquantesimo anniversario della scalata affinchè il Club Alpino Italiano costituisse un comitato di tre saggi composto da Fosco Maraini, Alberto Monticone e Luigi Zanzi per arrivare ad una relazione rettificata, pubblicata nel 2008, che ristabilisse la verità sul contributo di Bonatti al successo dell'impresa.

Settanta anni dopo la prima ascensione, il Club Alpino Italiano ha organizzato K2 - 70, una spedizione interamente femminile, composta da 4 alpiniste italiane - Silvia Loreggian, Federica Mingolla, Cristina Piolini e Anna Torretta -, 4 pakistane - Samina Baig, Amina Bano, Samana Rahim e Nadeema Sahar che in questi giorni ha visto, dopo la rinuncia delle ragazze italiane per problem di acclimatamento. il successo del solo portatore d'alta quota Ali Durrani.

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