Charlène Guignard e Marco Fabbri: "Non giocheremo in difesa in questa stagione post-olimpica"

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Charlène Guignard e Marco Fabbri: "Non giocheremo in difesa in questa stagione post-olimpica"

Poco prima della loro partenza per l'Ondrej Nepela Trophy a Bratislava, Laura Sciarrillo ha incontrato i danzatori italiani Charlène Guignard e Marco Fabbri per parlare della stagione passata, dell'esperienza olimpica, degli obiettivi per questa stagione e dei nuovi programmi di gara.

Ecco quello che gli allievi di Barbara Fusar Poli hanno raccontato in una lunga chiacchierata all'Agorà di Milano.


Cominciamo parlando della stagione passata.

Marco: Siamo molto contenti di come sia andata. Il nostro obiettivo principale era fare una stagione costante, e così è stato. Siamo riusciti in tutte le gare, da quelle più importanti a quelle meno importanti, a fare delle buone prestazioni e quindi siamo molto contenti perché siamo riusciti a raggiungere il nostro obiettivo principale. Non abbiamo potuto correre grandi rischi in termini di programmi, elementi, scelte musicali, non essendo quella olimpica una stagione nella quale rischiare dato che ci giocavamo un posto alle olimpiadi.

L'unico rammarico che abbiamo è l'aver fatto un po' male la Short Dance ai mondiali, cosa che ha pregiudicato il nostro risultato finale. Con due coppie di vertice che mancavano in quella occasione, avremmo potuto davvero fare bene, ma d'altronde pattinando una Free Dance partendo dal 17esimo corto non potevamo aspirare a scalare la classifica più di tanto. Abbiamo fatto il 12esimo libero e siamo arrivati 14esimi nel totale, ma sappiamo che potevamo fare meglio in termini di piazzamenti. Purtroppo non si può essere sempre perfetti quindi va bene così.


E per quanto riguarda gli europei di Budapest?

Marco: Come sensazioni personali credo che in quella occasione abbiamo fatto la miglior gara della stagione. Purtroppo ci sono gare in cui i punteggi girano a tuo favore e gare in cui non girano a tuo favore. Non dico questo per presunzione, perché ritengo sia me che Charlène due persone molto autocritiche, ma a mio parere l'ottavo posto di Budapest ci sta un po' stretto, avremmo di sicuro potuto piazzarci al settimo o perfino sesto posto. Quando si è in questa fascia di classifica ogni posizione fa la differenza. Direi che il nostro problema principale sono stati i livelli: abbiamo preso livelli 2 nei passi, mentre ad olimpiadi e mondiali abbiamo preso sempre livello 3. Sono comunque tanti punti alla fine.


Alla fine della gara riuscite a parlare con i Technical Specialist per sapere le motivazioni dell'attribuzione dei vostri livelli?

Marco: Ci consultiamo con gli Specialist con i quali abbiamo l'occasione di parlare. Non tutti però sono disposti a darti dei consigli o a parlare della tua performance, alcuni preferiscono mantenere le distanze.


Com'è stata per voi l'esperienza delle Olimpiadi?

Marco: E' stata veramente bella. Siamo andati a Sochi non sapendo cosa avremmo trovato, e fin prima di arrivare senti già tutta l'atmosfera di contorno, il fatto che sia una gara diversa da tutte le altre. Allo stesso tempo pensi che i partecipanti sono gli stessi, che sarà più o meno come un mondiale. Devo dire che l'inizio della nostra esperienza è stato un po' scioccante: siamo arrivati il giorno della cerimonia di apertura, e il giorno seguente ci sarebbe stata la Short Dance del Team Event. Lo stesso giorno della gara abbiamo saputo che avremmo dovuto pattinare la Free Dance.


Quindi prima di partire non sapevate se avreste dovuto pattinare nel Team Event o meno?

Marco: Quello che ci avevano detto era che nel caso in cui l'Italia si fosse qualificata per il libero, avrebbero insistito affinché Anna e Luca pattinassero anche la Free Dance. Noi sapevamo al contempo che Anna e Luca avrebbero preferito non fare il libero e riposarsi per la gara individuale. Ad ogni modo, appena arrivati a Sochi ci hanno detto che probabilmente avremmo pattinato il libero, quindi nel giro di un giorno ci siamo ritrovati a dover pattinare contro Virtue/Moir, Davis/White, Ilinykh/Katsalapov...e non è cosa da poco!

Devo dire che questo è stato anche utile per la gara individuale dato che ci ha permesso di rompere il ghiaccio, col senno del poi siamo contenti di aver pattinato anche nel Team Event.


Allora secondo te è stato giusto mettere l'evento a squadre prima delle gare individuali?

Marco: Assolutamente no, per noi è stato meglio fare prima il Team Event, ma se mi metto nei panni di un pattinatore che si gioca una medaglia olimpica preferirei prima pattinare nella gara individuale e poi in quella di gruppo. Alla fine, per quanto bella, una medaglia olimpica a squadre non ha lo stesso prestigio di una medaglia olimpica individuale. Ovviamente se l'Italia fosse arrivata terza e noi avessimo vinto una medaglia di bronzo, non ci avrei sputato sopra, però se penso ad un atleta che era a Sochi per vincere una medaglia e ha dovuto prima fare una gara a squadre, penso che quello per lui sarebbe stato svantaggioso. Più che dal punto di vista fisico - perché siamo tutti abituati ed allenati a fare molti programmi uno di seguito all'altro - è difficile dal punto di vista psicologico, la tensione è davvero molta. Capisco però anche che gli organizzatori non volessero far perdere interesse al Team Event.


Qual è la cosa che vi è piaciuta di più delle Olimpiadi?

Charlène: Purtroppo durante la cerimonia di apertura eravamo in aereo in viaggio verso Sochi, e siamo tornati a casa due giorni prima della cerimonia di chiusura, quindi ci siamo persi entrambe le cerimonie. Abbiamo visto solo qualche video su internet.

Marco: A me la cosa che è piaciuta tanto è stato il sentirsi davvero parte di una squadra, il rappresentare una nazione. Quando vai ad un europeo o ad un mondiale senti il fatto di rappresentare una nazione, però tutto questo alle Olimpiadi è amplificato all'ennesima potenza. Ti senti davvero parte di una squadra, e non solo del tuo sport, ma di una squadra che rappresenta tutto lo sport in Italia. Spesso ci capitava di andare a mangiare con gli atleti dello short track o comunque di sport diversi dal nostro.

Charlène: Anche a me questo è piaciuto davvero tanto, lo stare con tanti atleti provenienti da nazioni diverse o da sport diversi, e il sostenerci tutti a vicenda.

Marco: Paradossalmente la mensa era un luogo di ritrovo, dove ti svagavi e staccavi la mente dalla tensione della gara. L'Olimpiade per un atleta è davvero un'esperienza indescrivibile. È così particolare e così unica che non saprei dire un aspetto che mi è piaciuto più degli altri, che ci è rimasto più impresso. Anche tutto ciò che riguarda la gara è diverso: entri in pista, vedi i cerchi olimpici sulla balaustra e provi davvero un'emozione molto forte.

Charlène: Prima di partire Barbara (Fusar Poli, n.d.r.) ci aveva detto. “Vedrete, quando entrerete in pista e vedrete i cerchi olimpici, sarà molto emozionante”. Noi pensavamo “Sì, vabbè, sono delle stampe sulle balaustre, cosa cambia vedere la scritta World Championships o i cerchi olimpici?”. E invece appena arrivi in pista li vedi ovunque, sul ghiaccio, sulle pareti, dappertutto, e pensi “Cavolo, ci siamo!”, ma allo stesso momento capisci di non doverci pensare troppo, altrimenti rischi di farti schiacciare dall'ansia.

Marco: Vedi tutto quello come il raggiungimento di un obiettivo personale.

È stato anche bello andare a vedere delle gare dopo la fine della nostra competizione. Siamo rimasti a Sochi tre o quattro giorni in più dopo la fine della nostra gara, e siamo andati anche negli altri villaggi degli atleti...

Charlène: Abbiamo visto delle gare di sci...

Marco: E ci siamo accorti che nel villaggio di Endurance avevano anche la piscina riscaldata all'aperto!

Charlène: E avremmo potuto anche andarci, perché col pass di atleta potevamo andare dovunque, ma avevamo lasciato i costumi in camera! Non ci aspettavamo di trovare una piscina scoperta in mezzo alle montagne e alla neve.


E per quanto riguarda il pubblico? Molti fan di pattinaggio si sono lamentati del tifo russo, cosa ne pensate dal vostro punto di vista di atleti?

Marco: Devo dire che è stato difficile per chi si giocava le medaglie contro i russi, perché lì sentivi il pubblico sostenere al massimo gli atleti di casa. Prendi Davis/White, per esempio, hanno fatto una prestazione superlativa in termini di performance. Poi puoi preferire altre coppie dal punto di vista stilistico, ti possono non piacere, ma il libero di Meryl e Charlie era da pelle d'oca. Il pubblico è rimasto molto freddo, mentre per i russi Ilinykh/Katsalapov il tifo era davvero alle stelle.

Charlène: Quando poi sono stati annunciati i punteggi della coppia americana, tutti urlavano “Rossiya, Rossiya!” e personalmente l'ho trovata una cosa di cattivo gusto.

Marco: Per quanto riguarda noi, però, il pubblico è stato molto sportivo e ci ha sostenuto. Probabilmente anche perché non eravamo in lotta contro una coppia russa per una medaglia: più si andava avanti nella classifica e più il tifo nei confronti degli atleti che non erano di casa scemava.

Abbiamo fatto gare con un pubblico più bello, questo sì, ma tra queste ci sono sicuramente i mondiali di Mosca del 2011. Sono stati gentilissimi e ci hanno sostenuto tantissimo.

Ad ogni modo, visti i prezzi dei biglietti di Sochi, probabilmente non avevano venduto molti biglietti, regalandoli all'ultimo momento; molti si sono quindi trovati nel palazzetto quasi per caso, e ovviamente non capendo niente di pattinaggio sostenevano solo gli atleti del proprio paese e non gli altri pattinatori, non sapendo chi fossero.

Charlène: Esatto, per esempio quando Plushenko si è ritirato dalla competizione molte persone nel pubblico se ne sono andate via. È stato davvero brutto e ci ha fatto capire che quelli che erano lì non erano fan del pattinaggio, gran parte del pubblico era ignorante in materia.

Ci è dispiaciuto anche perché ai nostri genitori avrebbe fatto piacere venire, e a noi sarebbe piaciuto averli lì con noi, ma avendo avuto la conferma della nostra convocazione olimpica definitiva dopo i nazionali, a fine dicembre, sarebbe stato impossibile anche solo trovare i biglietti aerei. I nostri genitori non sono di certo milionari e non se la sentivano di prenotare tutto in anticipo per poi rischiare di non poter vedere noi gareggiare alle Olimpiadi.


Siamo ormai all'inizio della nuova stagione, parlateci dei vostri nuovi programmi di gara.

Marco: Per la Short Dance abbiamo scelto un Flamenco ed un Paso Doble, per il Libero invece Lord Of The Dance, Riverdance e un valzer irlandese tratto da Secret Garden. Quest'anno, dato che la stagione è post olimpica, abbiamo deciso di cambiare stile. Non dico che per quattro anni abbiamo fatto dei programmi sempre uguali, perché non si può mettere Il Padrino, Le Quattro Stagioni e Romeo E Giulietta sullo stesso piano, però come stile di pattinaggio, di approccio e di transizioni sicuramente Il Padrino e Romeo E Giulietta si avvicinano molto tra di loro. Dato che abbiamo avuto l'impressione che un programma più dinamico, veloce e forte si addica meglio alle nostre caratteristiche di pattinaggio, quest'anno abbiamo deciso di scegliere una musica diversa che facesse emergere le nostre principali caratteristiche di pattinatori, ossia velocità, energia, potenza. Adesso con le prime gare della stagione vedremo se i primi riscontri saranno positivi o negativi.

Ad ogni modo, noi siamo contenti del programma che abbiamo costruito, inoltre quest'anno non abbiamo pensato a chi avrebbe potuto o non potuto piacere questo programma: questa musica ci piaceva e quindi l'abbiamo scelta. Non abbiamo voluto andare sul sicuro: l'anno scorso abbiamo scelto Romeo e Giulietta, e abbiamo fatto bene a sceglierlo secondo me, però in quei casi si prendono pochi rischi. Noi siamo ancora in una fascia di classifica intermedia, non siamo né in fondo, né siamo arrivati ancora al vertice. Questo è un programma che magari non funzionerà, però vogliamo fare un salto di qualità che ci permetta di scalare posti in classifica.

Charlène: E' una musica meno anonima, non è un programma già visto.

Marco: Onestamente nelle ultime stagioni non si è mai visto un programma simile nella danza.

 

Chi ha curato le coreografie?

Marco: Barbara come sempre ci aiuta anche nelle coreografie. Per quanto riguarda il montaggio dei programmi, abbiamo lavorato molto sui passi con Igor Shpilband. La coreografia della Short Dance è stata fatta con due ballerini da sala campioni del mondo di Show Dance Latin, Francesca Berardi e Giacomo Lucchese. Per quanto riguarda il libero ci siamo affidati come sempre a Corrado Giordani, che ci ha dato degli input anche per la Short Dance. Abbiamo osservato molti video di danza irlandese e abbiamo ripreso molti passi per inserirli nel programma di gara. Tra l'altro non è molto facile riprodurre i passi di danza irlandese sul ghiaccio, un po' perché il pattino è pesante e i movimenti delle gambe al contrario sono veloci e un po' perché i passi vengono fatti generalmente da fermi, mentre nel pattinaggio si è quasi costantemente in movimento.


Quali sono i vostri obiettivi per le gare di questa stagione? Avete l'Ondrej Nepela Trophy a Bratislava, poi un Grand Prix, se non ve ne verrà assegnato un secondo.

Marco: Io prego tutti i giorni...Quest'anno ci dispiace vedere coppie che hanno due tappe di Grand Prix mente noi ne abbiamo solo una. Anche prendendo come riferimento il ranking mondiale, ci sono coppie al di sotto di noi che hanno ricevuto tranquillamente due Grand Prix. L'unica cosa che possiamo fare adesso è sperare che salti fuori una seconda tappa.

Per quanto riguarda le gare certe, l'Ondrej Nepela è la prima e la affronteremo come una prova, in modo tranquillo. Abbiamo programmi non facili, anche la Short Dance è un programma di carattere, difficile, quindi prenderemo questa gara come un test. Abbiamo programmi ambiziosi e non ci aspettiamo di essere al top della condizione fisica già dalla prima gara. Quest'anno vogliamo avere una crescita esponenziale durante la stagione per arrivare alle gare che contano preparati.

Questa stagione non ci saranno test, gare nazionali di qualifica e così via, quindi abbiamo la possibilità di avere un anno più tranquillo con dei ritmi più calibrati e tempi di recupero più lunghi.


Quindi non parteciperete alla gara nazionale al Forum in ottobre?

Marco: Non lo sappiamo ancora, però parteciparvi vorrebbe dire avere una settimana di pausa tra il Nepela Memorial e la gara nazionale, per poi subito dopo partire per Skate America. Onestamente non credo che la faremo. Speriamo che Skate America vada bene per noi, visti gli iscritti abbiamo la possibilità di avere un buon piazzamento. Onestamente è una gara dove, se pattiniamo bene e abbiamo dei buoni livelli, speriamo di fare un buon risultato. Se non riceveremo un secondo Grand Prix, gareggeremo nell'Ice Challenge a Graz a novembre. Nel caso in cui dovessimo fare un Grand Prix andremo al Golden Spin di Zagabria al posto che a Graz.


Come avete organizzato la preparazione estiva?

Marco: Siamo andati da Igor Shpilband a luglio, dove abbiamo finito di costruire i programmi; ad agosto siamo invece andati in Russia, a Mosca con Alexander Svinin e Irina Zhuk. Ci eravamo già stati due anni fa e ci eravamo trovati davvero bene sotto ogni aspetto, quindi quest'anno abbiamo deciso di optare di nuovo per quella location. Abbiamo fatto un buon lavoro anche dal punto di vista della preparazione fisica. Siamo inoltre seguiti bene da tutti gli specialisti, la struttura di allenamento è molto completa e abbiamo avuto a disposizione balletto, ginnastica, sollevamenti acrobatici e così via in un unico pacchetto già organizzato. Anche negli Stati Uniti hai a disposizione tutte queste attività extra, ma per ogni corso ti tocca pagare ed organizzare tutto.

Charlène: Abbiamo lavorato in modi diversi in America e in Russia ma sono stati due lavori complementari. A luglio abbiamo rifinito bene i programmi, mentre in agosto abbiamo fatto un lungo lavoro per la preparazione fisica, che ci serviva perché quest'anno il libero è fisicamente molto pesante e avevamo davvero bisogno di prepararci a fondo.


Sapete, mi avete ricordato Anna Cappellini e Luca Lanotte. Esattamente un anno fa, parlando dei loro programmi e di come richiedessero un'alta preparazione fisica, anche loro avevano detto che non si sarebbero preoccupati se nelle prime gare non avessero ottenuto i risultati sperati, dato che per fare un ulteriore salto di qualità servivano programmi molto più difficili di quelli presentati fino ad allora. Spero che questo vi porti fortuna!

Marco: Speriamo! Comunque è vero, è una cosa della quale ti rendi conto man mano che maturi come atleta. È quella la strada, specie con il programma che abbiamo scelto quest'anno; se non sei fisicamente pronto al 100% non riesci neanche ad arrivare alla fine dei 4 minuti. In genere è una regola che vale per tutti, e  Anna e Luca ne sono la prova lampante. Sono arrivati ai mondiali e nel momento della verità hanno fatto meglio di tutti gli altri.

Charlène: In quei momenti basta il minimo errore e sei finito: loro hanno retto la tensione al meglio.

Marco: Esatto, non basta fare il minimo. Mi hanno stupito molto nella Free Dance, anche loro mi hanno detto che andando ai mondiali si aspettavano magari una medaglia, ma non LA medaglia. Si sono avvicinati alla gara con l'approccio psicologico giusto secondo me. Non avevano niente da perdere: nella Short Dance è andato tutto liscio, ma nel libero si sono ritrovati primi e mi hanno stupito non facendo una gara di difesa, controllata, ma attaccando e dando tutto quello che avevano. Dovevano dimostrare che non era un caso l'essere primi dopo la short dance. E spesso pattinare la Free Dance dopo essere arrivati primi nella Short Dance non è facile.

Per esempio, se penso a me, la gara nella quale mi sono sentito più teso la scorsa stagione è stata la competizione a Dortmund. Non so ancora adesso perché, dato che la coppia di danza turca si era piazzata seconda dietro di noi con un ampio margine già dopo il primo segmento di gara. Ero più agitato in quella gara che alle Olimpiadi o ai mondiali, e ancora adesso non me lo spiego.


Forse avevi paura di vincere. Spesso si lavora così tanto per arrivare ad un obiettivo e ci si arriva poi così vicini che non sembra vero di essere arrivati al traguardo, e la paura è solo una reazione di difesa.

Marco: Forse sì. Anche pensandoci razionalmente non ci sarebbe stato motivo di essere agitati, e invece in quella occasione ho probabilmente fatto il libero peggiore nella stagione.


Cosa ne pensate degli scambi di coppie, separazioni e ritiri che sono accaduti durante la off-season?

Charlène: Beh alla fine di un quadriennio olimpico è prevedibile che alcuni si ritirino o che ci siano separazioni. Più che altro sono stati imprevedibili i diversi scambi di coppie che sono accaduti.

Marco: Io non mi aspettavo che Ilinykh/Katsalapov si separassero, in special modo alla luce dei risultati avuti alle Olimpiadi. E' un vero peccato che si siano separati, sono a parer mio i danzatori più talentuosi che ci siano in circolazione e credo che entrambi abbiano perso molto nel non pattinare più insieme.

 

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La fuoriclasse americana ha scelto il nome (pensando all'aurora boreale che ha visto per la prima volta nei giorni scorsi) della creatura che le è stata assegnata con l'ennesima perla a Levi. Un luogo che mi fa sempre riflettere su tutti gli aspetti della vita per cui sono grata. Il ringraziamento della famiglia Lorenzi.