Futuro dello sci, i motivi per cui le località a medio-bassa quota possono adattarsi positivamente al cambiamento climatico

Futuro dello sci, i fattori per cui le località a medio-bassa quota possono adattarsi positivamente al cambiamento climatico
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Davide Franchi

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Futuro dello sci, i motivi per cui le località a medio-bassa quota possono adattarsi positivamente al cambiamento climatico

Nei giorni scorsi, in seguito alla presentazione del report di Legambiente, Nevediversa 2025, che fotografa il rapporto tra crisi climatica e turismo della neve, molte organizzazioni di tutela ambientale hanno rilanciato il tema di sviluppare gli investimenti solo nelle stazioni sciistiche al di sopra di una determinata quota, spesso indicata in 2000 metri. Molte destinazioni sciistiche di media-bassa quota presentano, tuttavia, punti di forza nella strategia di adattamento climatico. Per questo motivo una scelta basata sul solo criterio altimetrico non sarebbe corretta creando danni economici e maggiori impatti ambientali.

Sabato 2 febbraio a Macugnaga è una giornata perfetta per sciare con oltre 80 cm al suolo anche ai 1.327 metri del centro del paese. Il panorama sulla parete Est del Monte Rosa è splendido con neve fresca e cielo azzurro. Le aree sciistiche a disposizione degli sciatori sono due: la prima che si raggiunge in auto è quella del Monte Moro, con le funivie va e vieni recentemente rimesse a nuovo con un’accurata revisione generale, che conducono ad oltre 2800 metri. Niente innevamento artificiale e una quota ideale per lo sci di oggi e di domani. Eppure, il tabellone indica l’apertura della sola breve pista più in quota servita dallo skilift San Pietro. Proseguendo, si giunge a Pecetto dove si trova l’area sciistica del Burki-Belvedere, che si sviluppa integralmente al di sotto dei 2000 metri ed è dotata di innevamento artificiale. Le piste sono tutte aperte. La situazione è emblematica e comune a molte altre realtà alpine: le piste del comprensorio più a bassa quota, grazie al fondo erboso e a una ridotta esposizione al sole, sono perfettamente fruibili da inizio dicembre. Basta una nevicata di una cinquantina di centimetri o qualche notte di freddo per creare un fondo di neve in grado di garantire almeno tre mesi di sci. Situazione diversa al Monte Moro dove, nonostante la quota elevata, il fondo delle piste è roccioso e irregolare, caratteristica ricorrente nel paesaggio alpino al di sopra dei 2000 metri. Per aprire serve più di un metro di neve, solitamente regalata dalle abbondanti precipitazioni autunnali. Tuttavia, negli ultimi anni, la quota neve di queste perturbazioni è sempre più elevata e gli accumuli nelle aree sciistiche di alta quota sono ridotti. Le nevicate dei secchi mesi invernali sono spesso insufficienti, con una neve leggera spazzata via velocemente dal vento. Perso l’autunno, le nevicate buone si registrano solitamente in primavera e, infatti, in questa e nella scorsa stagione, il comprensorio del Monte Moro ha ampliato la propria offerta di piste nel mese di marzo, con la possibilità di assicurare ottime giornate di sci ad oltranza. La data di chiusura degli impianti è infatti prevista per il 4 maggio.

La situazione di Macugnaga è comune in tutto l’arco alpino. Anche in alta quota l’innevamento artificiale è diventato fondamentale per garantire il regolare svolgimento della stagione invernale. Per questo motivo, molto spesso, sono le stazioni sciistiche a medio-bassa quota a offrire le condizioni migliori delle piste in avvio di stagione. Ciò avviene in particolare in quelle località che hanno saputo coniugare un’esposizione delle piste prevalentemente settentrionale con un’accurata cura del fondo erboso delle piste, prevenendo fenomeni di dissesto idrogeologico. Con queste condizioni e un efficiente impianto di innevamento, bastano poche ore di freddo per produrre neve sufficiente a garantire piste in perfette condizioni per l’utenza. In queste località, caratterizzate da un paesaggio maggiormente antropizzato, gli investimenti in impianti di risalita e di innevamento presentano un impatto ambientale più limitato. L’acqua è solitamente più abbondante che negli aridi territori di alta quota, determinando una più semplice ed economica possibilità di approvvigionamento idrico. Inoltre, le piste a quote inferiori, essendo meno esposte ai forti venti e più sicure per la pratica dello sci nelle giornate di maltempo, presentano meno giornate di chiusura legate a queste ragioni. Condizioni climatiche meno estreme, prezzi skipass più contenuti e una minor distanza dalle città, sono tra i grandi punti di forza di queste stazioni sciistiche, mete predilette delle famiglie con bambini, che altrimenti sarebbero più frenate nel loro avvicinamento allo sci.

La quota medio-bassa rende, inoltre, più agevole lo sviluppo di strategie di destagionalizzazione degli impianti di risalita, con la possibilità di allungare l’apertura estiva degli impianti anche nei mesi primaverili e autunnali.

Il cambiamento climatico è oggettivo e particolarmente evidente nei territori montani, tuttavia, sono numerose le stazioni sciistiche a medio-bassa quota, che grazie agli investimenti in efficienti impianti di innevamento non stanno riscontrando una significativa riduzione delle proprie giornate di apertura. Inoltre, grazie allo sviluppo di strategie di destagionalizzazione, il fatturato che non dipende dal turismo invernale sta crescendo. Ciò genera un miglioramento della redditività e completa l’offerta turistica di destinazioni con una sempre maggiore attrattività in tutti e 12 i mesi dell’anno.

Per questi motivi la valutazione sugli investimenti futuri non va fatta ponendo vincoli assoluti che penalizzerebbero tutto il sistema economico, ma valutando concretamente ogni singolo caso con le proprie peculiarità climatiche e socio-economiche.

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