Intervista a Chris Davenport: i viaggi, le 100 cime più alte del Colorado e la nuova serie Redbull

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Andrea Ferretti

Freeride

Intervista a Chris Davenport: i viaggi, le 100 cime più alte del Colorado e la nuova serie Redbull

Chris Davenport è sicuramente uno degli atleti più attivi nel mondo dello sci, e la passata stagione 2013/2014 ne è un esempio perfetto. Tra i suoi viaggi in Norvegia, Alaska, Italia e Hawaii, Chris è diventato socio della casa produttrice Kastle, ha iniziato a lavorare in un nuovo progetto video con Red Bull, “The Faces of Dav”, e ha continuato il suo Centennial Peaks Project, che prevede di sciare le 100 montagne più alte del Colorado.

Al telefono:

Hey Dav, come va?
«Bene! Sono tornato dalla Norvegia lo scorso week end e mi sto godendo un paio di giorni a casa, qui ad Aspen. Proprio ora stavo preparando l’attrezzatura per andare a San Juan (catena montuosa del Colorado) a fare un paio di sciate.»

Com’è la neve lassù?
«Penso sia OK: è giugno, quindi niente di eccezionale, ma per gli appassionati ci sono ancora un bel po’ di discese da fare.»

Cosa hai fatto nelle ultime due settimane?
«Ero in Norvegia, a Svalbard, girando per la nuova serie che sto realizzando con Red Bull, ed è stato grandioso. Davvero un bellissimo viaggio, vivendo in barca a vela e navigando attraverso tutti quei fiordi a caccia di pendii da sciare. È stato anche molto produttivo, eravamo un bel gruppo insieme a James Heim, Michelle Parker e Ingrid Backstrom. Decisamente una compagnia piacevole e divertente che si aggiungeva a quella di fotografi ed addetti alle riprese. Questo è stato il mio ultimo viaggio della stagione, anche se a dire la verità non ci si ferma mai! In un paio di settimane sarò in Austria per testare degli sci, ed in Sud America alla fine di agosto.»

 

Parlaci a ancora di questo tuo nuovo progetto con Red Bull, “the Faces of Dav”
«Si tratta di un’opportunità eccezionale e sono davvero entusiasta. È una di quelle cose che Red Bull ti mette sul tavolo come partner e sponsor, permettendoti di realizzare grandi progetti. Quando mi hanno contattato lo scorso autunno ho subito pensato: “sarà grandioso”. Abbiamo pensato a otto episodi che avessero una sorta di trama invece che focalizzarci solo sulle destinazioni e sulle discese. L’idea era quella di presentare tutti gli aspetti della mia vita e carriera come sciatore, dato che sono coinvolto in diversi aspetti nello sport e nell’industria dello sci.
La serie si chiama “The faces of Dav” (le faccie di Dav), e si concentra sui differenti ruoli che ricopro in questo ambiente, come padre, marito, proprietario di un’azienda con base ad Aspen e guida alpina. C’è anche un episodio che abbiamo chiamato “Legend”: va indietro di 20 anni riproponendo alcuni filmati storici e ripercorrendo alcune tappae della storia del Freeski. La serie verrà trasmessa a partire da ottobre, con un nuovo episodio ogni settimana per un totale di otto puntate. È stato l’impegno che ha assorbito la maggior parte del mio tempo questo inverno, ma decisamente ne è valsa la pensa. Credo sarà davvero un successo.»

Hai detto prima che ti stai preparando per andare in South Colorado e continuare col tuo progetto Centennial Peaks. Di cosa si tratta e come sta andando?
«L’obiettivo di questo progetto è di sciare tutte le 100 montagne più alte del Colorado. Al momento ho già sciato le prime 54 sopra i 14.000 piedi, e sto lavorando sulle rimanenti 46 al di sopra dei 13.000 piedi. La scorsa primavera ne ho sciate circa 30, me ne rimangono quindi 16 per questa stagione. Essendo così impegnato col progetto Red Bull e altri, insieme ad alcuni problemi meteo, finora sono riuscito a farne solo 9. Me ne mancano quindi 7 e nei prossimi giorni vedrò di avvicinarmi all’obiettivo il più possibile.
Speravo di riuscire a finire per questa primavera, ma probabilmente non sarà così. Alcune delle cime che mancano sono nell’area del Weminuche Wilderness, una delle aree più remote dello stato compresa tra Siverton e Durango e che ospita cinque delle cime oltre i 13.000 piedi. Ho già fatto un tentativo in quella zona col fotografo Ian Fohrman, che ha realizzato alcuni scatti stupendi. Abbiamo collezionato tre fallimenti per via del meteo e della difficoltà davvero elevata, riuscendo a scendere solo due delle montagne. Riproveremo il prossimo inverno o primavera con una strategia diversa. Anche questi insuccessi sono parte integrante del progetto: è necessaria molta attenzione nella fase di studio per determinare la logistica e capire come accedere alle cime e poi scendere su versanti che per la maggior parte non sono mai stati sciati da nessuno.»

 

Quali sono le montagne che vi rimangono?
«Quelle che vorrei portare a casa nei prossimi giorni sono due cime senza nome di 13.811 e 13.822 piedi, nelle vicinanze di Lake City. Poi c’è la Rio Grand Pyramid che si trova tra Lake City e Creed, l’Huerfano nella catena del Sangre de Cristo, e quindi tre cime nel Weminuche che sono quelle che ho menzionato prima: Pigeon, Turret e Jagged, molto impegnative. Questo è tutto.»

C’è una montagna che per un motivo o per l’altro ti è piaciuta di più nell’ambito di questo progetto?
«E’ una buona domanda. È un po’ come con i 14.000 piedi, ce ne sono così tanti che è difficile scegliere, ma sicuramente ce ne sono alcuni che ti rimangono nel cuore e altri che vuoi solo dimenticare. In alcuni sciare è meraviglioso, in altri deprimente. Ci sono alcune cime che nettamente spiccano sulle altre, e direi che in Aspen ce ne sono tre: Cathedral, Haegerman e Thunder Pyramid, di cui io e Ted Mahon abbiamo fatto una prima discesa assoluta dalla facciata est cinque anni fa. È una discesa di stampo classico, imponente, ripida, dura e semplicemente meravigliosa. Un’altra discesa che mi ricorderò a lungo è quella nel Weminuche sulla montagna Vestal Peak, sulla facciata sud. Grande sci. Qualcosa di davvero soprendente è stato poi il Mount of the Holy Cross, un famoso 14.000 piedi vicino a Vail, dove ci siamo divertiti alla grande.
Queste vette che ho nominato sono solo alcune di quelle che più mi hanno colpito, ma ce ne sono molte altre. Una delle mie ultime discese è stata Mount Adams nella catena Sangre di Cristo, a lato di Kit Carson e Crestone. Sono sceso dalla facciata ovest ed è stata un’avventura intensa, lunga ed impegnativa oltre che divertente.»

E a parte le cime che non sei riuscito a raggiungere o a completare, quali sono state quelle a più alto grado di difficoltà?
«Alcune di quelle che ho nominato prima, come Thunder Pyramid, che è davvero impegnativa. C’è poi Dallas Peak, un classico e una delle più difficili, vicino a Telluride. E c’è da dire che l’area di Dallas non è ancora stata frequentata molto dagli sciatori, anche se è così vicina alla città. Ci abbiamo sciato dopo una bella nevicata in una giornata dal cielo blu, insieme a due amici locali, Pete Gaston e Sean Sheahan. È stata davvero una giornata fantastica, sciare la facciata ovest sulla powder, con una visuale perfetta sulla catena di San Juan. Davvero un momento da ricordare.
Un’altra sfida molto impegnativa è stata il Teakettle Peak, che, in estate, è considerato uno dei 14.000 piedi più difficile da arrampicare. Lo abbiamo affrontato con condizioni primaverili perfette che ci hanno permesso di divertirci alla grande.
Sono davvero molti gli highlight in questo progetto, in cui sono molto motivato. Raccoglie davvero l’essenza della mia passione per lo sci e la montagna: fare nuove scoperte e conquistare nuove cime e discese. Per me è un po’ come collezionarle. È questo che mi ispira nelle mie avventure, raggiungere gli obiettivi che di volta in volta mi pongo.»

Parlaci del Super Stars Camp di Portillo, sulle ande in Cile
«Quest’anno è l’undicesima edizione del Camp e il quattordicesimo anno di fila che vado a Portillo. Si tratta di un camp aperto ad un pubblico di ottimi sciatori che vogliono perfezionarsi, in cui atleti di prima categoria accompagnano i clienti illustrandogli i segreti del freeski e i migliori materiali.  Gli allenatori di quest’anno sono Chris Anthony, Mike Douglas, Wendy Fisher, Jess McMillan e Jasse Hoffman, che è il mio uomo di riferimento per la fotografia e i media in generale. Tutti atleti di primo livello e tutti grandi amici a cui piace passare tempo insieme. Io starò lì per tutto agosto, anche se il Camp dura una sola settimana. Ne approfitterò per accompagnare alcuni clienti, passare un po’ di tempo con la mia famiglia che mi raggiungerà e iniziarmi a preparare per girare nuovi episodi per la serie Red Bull in settembre.»

Tutti gli atleti sponsorizzati dalla GoPro, te incluso, si sono appena ritrovati alle Hawaii per un ritiro. Ci vuoi raccontare cosa è successo?
«È stata davvero una bella esperienza. Si sono ispirati al modello di Red Bull che fa sempre questo tipo di ritiri e meeting, raccogliendo alcuni dei migliori atleti al mondo provenienti da sport differenti: sci, snowboard, surf, motociclismo e così via. C’erano motociclisti come Nate Adams e Rodney Redder, Travis Rice e Shaun White, il mio compagno di stanza era il surfista Shane Dorian, e molti altri. Già solo il fatto di radunare così tanti atleti ci ha impressionati tutti, facendomi pensare di fare parte di qualcosa di più grande di una semplice sponsorhip.
Ci sono poi stati alcuni seminari in cui ci hanno illustrato in dettaglio come usare al meglio le telecamere e come intervenire con l’editing che sono stati davvero utili.
È stata poi l’occasione per cimentarsi con un po’ di sport acquatici e divertirsi in compagnia di gente incredibile. Anche per quanto riguarda gli altri sciatori presenti come Tom Wallisch, Bobby Brown, Tanner Hall, Grete Eliassen, Kaya Turski, è stata un’opportunità per conoscersi un po’ meglio. Sono tutte persone che già avevo presente essendo nel giro, ma che sono impegnate in programmi diversi dai miei che quindi non ho mai conosciuto veramente, fino ad ora.»

 

Parlaci di un altro dei tuoi sponsor, di cui sei diventato recentemente co-proprietario. Cosa sta succedento con Kastle?
«Ho investito in questa azienda ed è qualcosa di davvero molto motivante per me. Non si tratta più di dare semplicemente un input per quanto riguarda il design dei prodotti e la fase di test, ora sono davvero coinvolto dalla prima all’ultima fase. Si tratta di inventarsi gli sci giusti per i propri clienti ed assicurarsi che abbiano successo sul mercato e ci aiutino a crescere. Essere seduto al consiglio di amministrazione e prendere importanti decisioni sul business è un ruolo davvero inedito per me, e ho sicuramente ancora molto da imparare. Ma è qualcosa che ho fortemente voluto e in cui mi voglio impegnare ora che si è creata l’occasione.»

Con tutti questi viaggi in programma ti rimane abbastanza tempo per goderti l’estate ad Aspen?
«A dir la verità non abbastanza quanto mi piacerebbe! Mi sto davvero godendo questi giorni di relax uscendo in bicicletta e passeggiando coi miei figli. Al momento sono in garage a preparare gli sci perché questo fine settimana i miei ragazzi più grandi fanno un’uscita a Mount Hood. Quindi sono sempre con le mani sugli sci! Stamattina stavo poi lavorando al design delle magliette per il Camp a Portillo. C’è sempre qualcosa da fare , e ne sono contento, ma a volte vorrei avere più tempo libero. Sto programmando di fare un giro in Messico con mia moglie settimana prossima, per rilassarci un po’. Poi andrò in Austri a lavorare agli sci Kastle a fine mese, quindi per luglio tornerò qui a godermi qualche concerto e sarà poi in breve il momento di andare a Portillo per il Camp.»

 

L’articolo originale in inglese è di Donny O'Neill ed è pubblicato a questo link su Freeskier

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Chris Davenport

4 foto, ultima del Venerdì 4 Luglio 2014

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