Trent'anni fa la leggendaria Staffetta che a Lillehammer è entrata nella storia del Fondo

Trenta anni fa la leggendaria Staffetta che a Lillehammer è entrata nella storia del Fondo
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Trent'anni fa la leggendaria Staffetta che a Lillehammer è entrata nella storia del Fondo

Lillehammer, 22 febbraio 1994: Maurilio De Zolt, Marco Albarello, Giorgio Vanzetta e Silvio Fauner, alle Olimpiadi in casa dei favoriti norvegesi, scrivono una delle pagine più belle dello sport italiano. Nel trentesimo anniversario riviviamo quella giornata per chi l'ha visto e per chi non c'era, come direbbe Ivano Fossati.

A Lillehammer, Norvegia, patria dello Sci Nordico, di fronte a 150.000 spettatori, in grande maggioranza norvegesi, tra i quali re Harald, è in programma la staffetta maschile 4 x 10 chilometri. Deve essere il giorno del trionfo degli atleti di casa che paiono lanciati verso il grande slam, che hanno già ottenuto due anni prima a Albertville, dopo le vittorie di Bjorn Daehlie nei 10 km a tecnica classica e nella successiva Pursuit, e la doppietta Alsgaard-Daehlie nella 30 km a tecnica libera. La Norvegia è campione del mondo in carica grazie alla vittoria del 1993 a Falun dove l’Italia conquistò la medaglia d’Argento. Gli azzurri, al maschile, hanno già vinto due medaglie di Bronzo, con Marco Albarello nei 10 km e con Silvio Fauner nella Pursuit. Con l’Italia a rovinare la festa del pubblico di casa potrebbe esserci anche la Finlandia, Bronzo ad Albertville, che ha raccolto il terzo posto di Mika Myllyla nella 30 km.

Nel suo cammino verso l’atteso trionfo la Norvegia schiera Sture Sivertsen (vincitore della medaglia d’Oro nella 10 km a tecnica classica ai Mondiali dell’anno prima), il trentenne mito Vegard Ulvang – due Ori e un Argento individuali a Albertville – al rientro da un infortunio e dal trauma della perdita del fratello pochi mesi prima, il ventiduenne Thomas Alsgaard alla sua prima esperienza a questi livelli ma già Oro nella 30 km a tecnica libera e in ultima frazione Daehlie, due Ori e un Argento a Albertville, due Ori ai Campionati Mondiali di Falun, il campionissimo dello Sci di Fondo in quelle annate. Tre Coppe del Mondo nelle ultime quattro stagioni in campo.

L’Italia risponde con il quarantatreenne Maurilio De Zolt in prima frazione, il Grillo che a Calgary e ad Albertville vinse l’Argento nella 50 km, la maratona delle nevi, campione del mondo nel 1987 sulla stessa distanza. Viene poi il valdostano Marco Albarello, campione del mondo nella 15 km nel 1987, un Argento nella 10 km ad Albertville. Il testimone per la terza frazione è affidato a Giorgio Vanzetta, due medaglie di Bronzo nei Giochi del 1992 nella Pursuit e nella 50 km, mentre la chiusura sarà per Silvio Fauner che ha già conquistato la medaglia di Bronzo nella Pursuit così come ha fatto l’anno precedente ai Campionati Mondiali. E’ la stessa formazione che ai Mondiali è arrivata al secondo posto e, per tre quarti – De Zolt per Puliè – che ha vinto la medaglia d’Argento alle Olimpiadi di Albertville. “La soluzione ideale sarebbe Vanzetta in prima e De Zolt in terza” dice Marco Albarello “ma il trentino non se la sente di fare il lancio. Rischiamo Maurilio, ma se terrà il grillo ne vedremo delle belle”. Gli osservatori esterni sono unanimi: la medaglia d’Oro pare già al collo dei padroni di casa mentre l’Italia può puntare al secondo gradino del podio con un terzo incomodo finlandese che prende i nomi di Mika Myllyla, Harri Kirvesniemi, Jari Rasanen e Jari Isometsa.

La mattina del grande giorno il sole brilla sul Birkerbeineren Stadium. Il lancio, come previsto, è complesso: De Zolt non è uno scattista e la tecnica classica non è il piatto forte della casa. Resta ingolfato nella pancia del gruppo, poi passo dopo passo si mette sulle tracce di Siversten, al quale rende 13 anni e 20 centimetri di altezza, e di Myllyla che duellano in testa. Il “grillo” resiste e al termine della sua frazione paga solo 9”8 a Norvegia e Finlandia.

Marco Albarello vede le sue speranze realizzarsi e prende il testimone per sfidare due mostri sacri dello sci nordico come Ulvang e Kirvesniemi. Chilometro dopo chilometro i cinquanta metri di distacco si riducono, il valdostano aggancia i due, in una fase concitata della battaglia un suo movimento rompe il bastoncino al finlandese che alla fine protesterà. All’ultima curva Albarello brucia i due compagni di ventura e a metà gara in tre piombano sul traguardo con l’Italia che ha mezzo secondo di vantaggio sulla Norvegia e un secondo sulla Finlandia. Zero a zero palla al centro, ci si gioca tutto nelle due frazioni a tecnica libera.

La coalizione scandinava Alsgaard-Rasanen fa gioco di squadra per fiaccare la resistenza di Giorgio Vanzetta che non si spaventa, prova ad attaccare e quando il finlandese cerca di fare il buco rimane incollato agli sci di Rasanen. Al terzo e ultimo cambio è la Finlandia ad avere il primato tutto teorico con mezzo secondo sull’Italia e un secondo sulla Norvegia. Gli altri sono distanti anni luce, Daehlie, Fauner e Isometsa si giocano partendo alla pari le posizioni sul podio.

Il norvegese parte a testa bassa, l’azzurro gli è metro dopo metro sulle code come un ciclista succhiaruote, il finlandese non regge il ritmo forsennato e crolla (al termine avrà un distacco di più di un minuto). Daehlie le prova tutte per staccare Fauner, allo sprint ha già subito almeno un paio di pesanti sconfitte con l’italiano, ma continua a sentire il fiato dell’azzurro sul collo. Come in una classica ciclistica ci si prepara allo sprint finale, il norvegese non vuole partire nella difficile prima posizione fornendo un punto di riferimento a Sissio Fauner, a un paio di chilometri dal traguardo quasi si ferma cercando di farlo passare ma l’azzurro non cade nella trappola. Nei giorni precedenti aveva studiato metro per metro gli ultimi duecento metri studiando come impostare una eventuale volata. Poi Fauner nell’ultima salitina parte, Daehlie lo segue. Si entra nell’anfiteatro e il pubblico è trasformato in una unica bandiera norvegese, l’urlo Heja Heja Norge è assordante. Negli ultimi duecento metri, l’azzurro ha due metri di vantaggio, il norvegese cerca di saltarlo sulla destra. Ma Fauner continua a spingere fino alla fotocellula. Vince, alza le braccia al cielo, Daehlie scuote la testa, cala il silenzio su Lillehammer.

E’ come l’Italia del calcio che vince a Wembley, il Settebello che due anni prima a Barcellona ha vinto l’Oro contro tutta la Spagna, re compreso. Il direttore della Gazzetta dello Sport, Candido Cannavò, in un numero con un titolo da brividi "Campioni per sempre", accosta l'impresa al Maracanazo del 1950, l'impresa dell'Uruguay che gettò il Brasile nel dramma sportivo e umano in un Maracanà che conteneva 150.000 spettatori,

 

 


In Casa Italia piangono in tanti, il commissario tecnico Vanoi racconta “Abbiamo vinto perchè ci credevamo. E perchè i norvegesi avevano paura. Ci spiavano da giorni, non capivano cosa avremmo fatto. Ma abbiamo vinto anche perchè i ragazzi sono stati bravissimi, ognuno ha dato il massimo”. Sono momenti indimenticabili per chi li ha vissuti anche solo da spettatore davanti alla televisione.

Trenta anni dopo, Marco Albarello, sulla pagina Facebook dedicata all'anniversario, ricorda "Fauner mi ha fatto  “ripetere" la volata finale per mille volte: prima davanti lui, poi davanti io, poi la corsia interna, poi la corsia esterna, poi io primo nella discesa, poi primo lui, ecc, ecc. Questo per dire che l’aveva studiata a fondo quella volata, e anche se ronfava beato (come il giorno stesso della gara!) aveva già studiato come fare a battere l’ultimo frazionista norvegese quale esso fosse stato!"

E Giorgio Vanzetta "E voglio dire che vincere a casa loro è stata una soddisfazione indescrivibile. Ricordo poi, dopo la staffetta, c’era il colore oro che girava dappertutto. Perfino sui nostri capelli!"

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