Riecco Steven Bradbury: "Sono quasi morto due volte, a Salt Lake City non è stata solo fortuna"

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Olimpiadil'intervista

Riecco Steven Bradbury: "Sono quasi morto due volte, a Salt Lake City non è stata solo fortuna"

L'olimpionico dello short track intervistato da Sergio Arcobelli de "Il Giornale": "Ora la mia storia viene raccontata nelle scuole. Vorrei conoscere meglio Arianna Fontana: è un mito".

Un oro storico per l'Australia, incredibile per come maturò in quei folli 1000 metri dei Giochi di Salt Lake City, ma tutt'altro che casuale come si potrebbe pensare osservando solo la finale di quelle Olimpiadi Invernali che portarono Steven Bradbury nell'olimpo a cinque cerchi... per sempre.

Ne parlarono anche Dario Puppo e Massimiliano Ambesi in una puntata dedicata del “Puppo&Ambesi Live by Night”, ma è interessante leggere anche l'intervista che il collega Sergio Arcobelli ha realizzato con Bradbury, sulle colonne de “Il Giornale”: “Quel giorno a Salt Lake City ho corso con esperienza e giudizio - il racconto dell'australiano - Sapevo che, essendo io il pattinatore più anziano, dopo aver affrontato batterie, quarti di finale e semifinali, alla quarta gara in meno di due ore non avrei avuto la forza di recuperare.

Decisi di restare dietro e di attendere: sapevo che gli altri, in finale, avrebbero fatto di tutto pur di vincere, persino scontrarsi all'ultima curva, se necessario. Il che mi garantiva una minima chance di puntare almeno al bronzo. Non avrei mai immaginato che stare distaccato dagli altri avrebbe significato vincere una medaglia d'oro”.

Non solo fortuna, però, se pensiamo alla carriera di altissimo livello dell'australiano, condizionata da due infortuni gravissimi: “Prima dell'edizione di Salt Lake City avevo messo al collo una medaglia di bronzo olimpica, oltre ad un oro, un argento e un bronzo ai Mondiali (tutti in staffetta). Per 14 anni mi sono allenato 5 ore al giorno, 6 giorni alla settimana: questa non è fortuna. La fortuna è ciò che accade quando la preparazione incontra l'opportunità.

Sono quasi morto in due occasioni: la prima volta dopo essermi tagliato una gamba e aver perso 4 litri di sangue, poi ricuciti con 131 punti di sutura; una seconda volta mi sono rotto il collo e sono fortunato a non essere su una sedia a rotelle. A Lillehammer, nel 1994, ero uno dei grandi favoriti per l'oro nei 1000 metri, ma sono uscito subito. Questo lo chiamo karma: quello che uno mette nel mondo poi è ciò che il mondo alla fine ti restituirà”.

Ora Steven tiene conferenze e gira il mondo raccontando la sua incredibile parabola sportiva: “La mia storia è finita nelle scuole e sono intervenuto a oltre 1350 conferenze ed eventi in 21 paesi (mai in Italia, purtroppo). Dopo quel trionfo, nel dizionario Macquarie è stata inserita l'espressione “Doing a Bradbury”, usata quando si parla di vittorie in seguito a circostanze miracolose. E io ne vado orgoglioso”.

Bradbury ha un pensiero anche per Arianna Fontana, la nostra fuoriclasse dello short track, pronta a scrivere la storia della disciplina a Pechino 2022: “E' un mito. L'ho incontrata un paio di volte, è una pattinatrice incredibile e per molti anni solo lei ed Elise Christie hanno sfidato il dominio della Corea del Sud e della Cina. Sarebbe fantastico condividere una birra: ditele di cercarmi se mai verrà in Australia”.

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