Hervè Barmasse e l'alpinismo come ricerca della felicità

Hervè Barmasse e l'alpinismo come ricerca della felicità
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Hervè Barmasse e l'alpinismo come ricerca della felicità

Nello splendido scenario di Skyway Monte Bianco, l'alpinista valdostano ha iniziato, con un evento organizzato da SCARPA, un tour di appuntamenti che lo porteranno in giro per l'Italia. 

Hervé Barmasse, quarantacinquenne alpinista di Valtournanche, ha raccontato il suo rapporto con la montagna durante un evento organizzato dall’azienda Scarpa, leader nella produzione di scarpe e scarponi da trekking e alta montagna nella giornata di sabato 30 settembre.

Tra emozioni e ricerca della felicità, il racconto dell'alpinista non ha seguito l'usuale snocciolarsi di primati e imprese ma, entrando negli aspetti più intimi, ha affrontato gli alti e bassi che l'alpinismo, come la vita, presentano. “Correndo dei rischi ho compreso il reale valore della vita. Vivo la favola di essere un alpinista, mi sento un privilegiato sotto questo aspetto", sono le parole di Barmasse nel narrare la sua parabola da giovane promessa dello sci alpino, bloccato da un incidente gravissimo che lo ha fatto rientrare nella tradizione di famiglia di guida alpina,

“In quel momento così difficile per me",  ha proseguito,  "mio padre mi promise che mi avrebbe portato a scalare la montagna più bella del mondo, il Cervino. Due anni dopo quella promessa divenne realtà: lassù ritrovai la felicità e capii che il mio futuro sarebbe stato scalare le montagne. Quando si è felici non c’è obiettivo che non si possa raggiungere, non c’è ostacolo che non si possa superare, non c’è sogno che non si possa realizzare”.

Impegnato con Scarpa nella lotta per la sostenibilità, Barmasse ha parlato anche di tutela dell’ambiente, toccando temi legati alla sua esperienza personale e sensibilizzando i presenti rispetto alle tematiche legate alla sostenibilità ambientale. “Oggi l’Everest, la montagna più alta del mondo, è anche una montagna di spazzatura, per via del fenomeno dell’alpinismo di massa. Lassù si trovano km e km di corde in nylon abbandonate, con conseguente accumulo di microplastiche in una misura paragonabile a quella presente negli oceani. Io credo che un altro modo di scalare le montagne sia possibile”.

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