Simone Moro dopo il Nanga Parbat non tenterà il K2 come promesso alla moglie

Simone Moro: 'Dopo il Nanga Parbat non tento il K2 come promeso a mia moglie'
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Simone Moro dopo il Nanga Parbat non tenterà il K2 come promesso alla moglie

Il re delle prime invernali sugli 8000 già prima di partire per la sua ultima memorabile impresa aveva detto che la seconda vetta più alta della Terra non rientra nei suoi obiettivi futuri. L'Everest, già scalato 4 volte, potrebbe riservargli invece una nuova sfida.

L'unica vetta dei 14 Ottomila inviolata nella stagione fredda non rientra nei piani del 48enne bergamasco. "Mia moglie - ha spiegato già lo scorso autunno a Desnivel - ha avuto un sogno premonitore, nel quale io morivo sul K2 tentando la prima invernale. Siccome credo in queste sue capacità di cogliere simili presagi, non intendo verificare di persona se ha ragione o torto. Glielo ho promesso".

Imprese di tali portata, come la quarta prima invernale da record di Simone Moro, prima di essere realizzate comportano spesso insucessi e anche situazioni drammatiche vissute in prima persone. Come accadde a Reinhold Messner proprio sul Nanga Parbat nel 1970 quando gli furono amputate 7 dita dei piedi dopo essersi esposto al grande freddo nel tentativo di soccorre il fratello Gunther, vittima di una valanga nella sua prima esperienza himalaysta.

Walter Bonatti, a 24 anni, sopravvisse per miracolo a una notte all'addiaccio oltre quota 8000 per portare l'ossigeno a Lino Lacedelli e Achille Compagnoni (parente di Deborah, campionessa di sci). "Quella notte sul K2, tra il 30 e il 31 luglio 1954, io dovevo morire. Il fatto che sia invece sopravvissuto è dipeso soltanto da me... (cit. Bonatti in Le mie montagne)"

Moro ha subito l'incidente più grave della sua carriera nel 1997, nel giorno di Natale, quando una enorme valanga sull'Annapurna si è portato via la vita di Dmitri Sobolev e del grande Anatoli Boukreev, protagonista di eroici salvataggi l'anno prima sull'Everest. L'alpinista italiano dopo una caduta di 800 metri è riuscito per miracolo a tornare al campo base (come da lui raccontanto in Cometa sull'Annapurna)

L'Everest senza ossigeno d'inverno, che nessuno ha mai portato a termine finora, potrebbe essere uno dei prossimi progetti di Simone Moro. Al K2 invece è pronto a lanciare un tentativo Kryzsztof Wielicki, pioniere delle invernali con tre prime, compreso il Lhotse che rimane l'unico 8000 salito in solitaria. Il 66enne vorrebbe organizzare da capo spedizione (alla Ardito Desio) una nuova cordata tutta polacca.

 

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La fuoriclasse americana ha scelto il nome (pensando all'aurora boreale che ha visto per la prima volta nei giorni scorsi) della creatura che le è stata assegnata con l'ennesima perla a Levi. Un luogo che mi fa sempre riflettere su tutti gli aspetti della vita per cui sono grata. Il ringraziamento della famiglia Lorenzi.