Il caso Sinner? Dorothea Wierer si schiera al suo fianco: "Jannik è un grande professionista, non ha nulla da nascondere"

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Biathlonl'intervista

Il caso Sinner? Dorothea Wierer si schiera al suo fianco: "Jannik è un grande professionista, non ha nulla da nascondere"

La fuoriclasse altoatesina ha parlato sulle colonne de "Il Dolomiti" relativamente alla situazione del tennista n° 1 al mondo, colpito dal ricorso della WADA. "Oltre che un super atleta, Jannik è un bravissimo ragazzo e avere il destino nelle mani altrui è frustrante e complicato".

Il caso doping legato a Jannik Sinner, situazione che si è riaperta lo scorso week-end con l'annuncio della WADA, relativamente al ricorso proposto dall'agenzia mondiale antidoping al CAS di Losanna, relativamente all'assoluzione che era stata totale da parte dell'ITIA per la doppia positività al Clostebol del campione di Sesto Pusteria, fa discutere il mondo dello sport in generale e, se all'interno del panorama tennis ci sono anche pareri discordanti sulle modalità di quanto accaduto, sono davvero pochi coloro che mettono in dubbio l'integrità del n° 1 al mondo.

In un'intervista concessa a “Il Dolomiti”, Dorothea Wierer si è spesa al fianco del fuoriclasse altoatesino, sottolineando vari aspetti della vicenda e la difficoltà psicologica di tutto ciò per Jannik, impegnato in questi giorni al torneo ATP500 di Pechino. “Sta passando una situazione davvero strana e spero che si risolva presto tutto per il meglio, perchè non riesco davvero a mettermi nei suoi panni pensando a quanto sia assurdo – le parole della due volte vincitrice della Coppa del Mondo di biathlon – Forse nemmeno la WADA ha le idee troppo chiare in questa vicenda e magari un ruolo potrebbero averlo giocato anche le critiche arrivate da altri giocatori e dalle polemiche mediatiche.

Quello che so è che Jannik è un bravissimo ragazzo, ma oltre che un super atleta anche un grande professionista: sono sicura che, come ha già dimostrato al tribunale indipendente che l'ha giudicato, non ha nulla da nascondere. Dev'essere davvero poco piacevole giocare per mesi con il pensiero di essere in quella situazione e di nuovo per lui sarà lo stesso per un po' di tempo (si parla di 3-4 mesi per il giudizio del CAS, ndr).

Una situazione che per un atleta è davvero frustrante e stressante, perché sai di non aver fatto niente di sbagliato ma anche che il tuo destino è nelle mani altrui”.

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