Mario Cotelli e una vita da numero 1: la cinquina di coppe con Thoeni-Gros e quel 7 gennaio 1974 a Berchtesgaden...

Mario Cotelli e una vita da numero 1: la cinquina di coppe con Thoeni-Gros e quel 7 gennaio 1974 a Berchtesgaden...
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Sperotti / Sciatori d'Epoca

Sci Alpinola storia di un mito

Mario Cotelli e una vita da numero 1: la cinquina di coppe con Thoeni-Gros e quel 7 gennaio 1974 a Berchtesgaden...

Difficile riassumere una carriera come quella del direttore tecnico che ha guidato la Valanga Azzurra ad una serie di trionfi inimitabile.

Mario Cotelli è stato molto più di un riferimento per lo sci azzurro, il primo vero manager capace di portare l'intero movimento ad un livello differente.

La sua scomparsa ha scosso tutto il popolo della neve, anche perchè l'ex dt della nazionale è sempre rimasto nell'ambiente pure negli ultimi anni, convivendo con un'insufficienza renale che l'aveva costretto in dialisi. Le sue condizioni, dopo un'estate trascorsa in gran parte a Pantelleria proseguendo il percorso di cure, sono purtroppo peggiorate proprio nell'ultimo periodo, portandocelo via oggi all'età di 76 anni.

E' una storia di vita meravigliosa, quella di Cotelli, legata in maniera totale e viscerale allo sci: basti pensare che, a soli 26 anni, era già al timone di quella che poi si trasformò nella “Valanga Azzurra”, ovvero la nazionale maschile nella quale arrivò prima in squadra B, da vice di un altro mito come Jean Vuarnet, poi dal 1969 in squadra A per lanciare, nella stagione dei campionati del mondo in Val Gardena, un gruppo di giovani che vincerà tutto, a partire da Gustav Thoeni.

L'asso di Trafoi, con Cotelli sempre al suo fianco, vinse 4 Coppe del Mondo assolute (1971, 1972, 1973, 1975), mentre quella della stagione 1973/74 fu conquistata da un talento enorme che rispondeva al nome di Piero Gros, proprio davanti al compagno di squadra. Nove anni, dal '69 al '78, semplicemente incredibili se pensiamo che, nella seconda parte di questo periodo, a contrastare il dominio azzurro si presentò un certo Ingemar Stenmark. Nonostante l'immenso talento di Tarnaby, la nazionale del condottiero valtellinese vinse, oltre alle cinque sfere di cristallo consecutive, 12 medaglie tra Mondiali e Olimpiadi, con l'oro olimpico in gigante conquistato da Thoeni a Sapporo '72 (e l'argento e il bronzo dei cugini di Trafoi, con Roland bronzo, nello slalom alle spalle di “Paco” Ochoa) e la doppietta iridata del leggendario Gustav a Sankt Moritz 1974 quali punti più alti nei grandi eventi, oltre chiaramente al titolo a cinque cerchi che Piero Gros conquistò ai Giochi di Innsbruck 1976, per un altro leggendario uno-due con Thoeni argento.

Un autentico dominio nelle specialità tecniche, ma guai a dimenticare anche quello che si riuscì a creare nella velocità, con la punta Herbert Plank che, al cospetto delle corazzate austriaca e svizzera, si ritagliò uno spazio importantissimo andando a conquistare anche un bronzo ai Giochi Olimpici proprio di Innsbruck.

Nel cuore del periodo che rimarrà nettamente il più vincente nella storia dello sci azzurro e mondiale (solo l'Austria degli anni Duemila, con Maier-Eberharter, ha vinto 5 Coppe del Mondo assolute consecutive con due atleti diversi come quella nazionale, ndr), arriverà l'impresa più bella, quella che portò poi i giornalisti dell'epoca a coniare il termine “Valanga Azzurra”: la cinquina nel gigante di Berchtesgaden (nella foto), il 7 gennaio 1974, quando Piero Gros vinse con oltre due secondi di margine su Gustav Thoeni, Erwin Stricker, Helmuth Schmalzl e Tino Pietrogiovanna.

E come dimenticare tanti altri campioni lanciati da Cotelli, da Franco Bieler a Paolo De Chiesa, da Fausto Radici sino a quell'angelo che rispondeva al nome di Leonardo David, che il dt azzurro aveva già indicato come l'asso del futuro, prima di lasciare la guida della nazionale nel 1978 per i noti contrasti con la federazione e della tragica fine del fenomenale talento valdostano.

Nei 40 anni successivi alla creazione della squadra più forte di sempre, Cotelli ha fatto un po' di tutto, attivissimo nell'ambito turistico per la sua Valtellina, ma anche opinionista televisivo di altissima qualità, tra l'avventura nel nuovo millennio con Sky Sport, alle comparsate sempre apprezzate a casa Rai e in generale nell'ambito della comunicazione, dove aveva ottenuto grandi consensi anche da editorialista del “Corriere della Sera”.

Tre anni fa, aveva pubblicato il libro “L'epopea della Nazionale di sci 1969-1978”, per raccontare in un volume che rimarrà negli annali una storia indimenticabile e della quale lui, il condottiero della Valanga Azzurra che fece tremare il mondo, è stato l'artefice.

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