4 svedesi su 10 ritengono che in Norvegia si pratichi doping di stato

4 svedesi su 10 ritengono che in Norvegia si pratichi doping di stato
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4 svedesi su 10 ritengono che in Norvegia si pratichi doping di stato

Secondo il quotidiano svedese Aftonbladet, circa quattro svedesi su dieci ritengono che in Norvegia esista un sistema di doping di stato. Per l’esattezza, l’8% delle persone intervistate, a precisa domanda, ha risposto che tale sistema esiste “sicuramente”, il 33% “probabilmente”. Soltanto il 5% ha scelto l’opzione “sicuramente no”, a fronte di un 35% di “probabilmente no” e di un 19% di indecisi.

Lo stesso sondaggio ha richiesto anche un parere sul caso di Therese Johaug: il 40% ritiene che la norvegese si sia dopata di proposito; il 23% è convinto di no; il 37% si proclama indeciso.
La ricerca ha ovviamente un valore modesto, specie in assenza di dettagli sulla selezione del campione, e di certo i risultati sono influenzati dalla smaccata faziosità con la quale i mezzi di informazione svedesi hanno riportato la vicenda. Il dato può essere in ogni caso ritenuto sintomatico del generale atteggiamento di sospetto e sfiducia nei confronti della squadra norvegese.
È triste leggere questi numeri”, ha commentato Niklas Dyrhaug. Gli ha fatto eco Finn Haagen Krogh: “È una situazione spiacevole. È stressante sapere di essere costantemente oggetto di sospetti”.
Anche la tre volte campionessa del mondo Anette Bøe ha espresso preoccupazione per la mutata percezione all’estero del movimento norvegese: “La reputazione di cui abbiamo a lungo goduto è stata fatta a pezzi. Agli occhi degli stranieri, ora siamo una patria del doping”.
Il segretario generale della federazione norvegese, Stein Opsal, ha ammesso che la fama della squadra ha ricevuto “un duro colpo”, e che ci vorranno tempo e fatica per ricostruire la credibilità di un tempo.
Proprio in questo senso vanno inquadrate dichiarazioni come quelle dello stesso Krogh e di Eirik Brandsdal, che hanno auspicato un incremento della frequenza dei controlli. Dalla agenzia antidoping norvegese, Anders Solheim ha tuttavia fatto sapere che l’attuale regime, che prevede controlli a sorpresa a cadenza variabile e dunque non prevedibili, uniti al passaporto biologico, è già ritenuto soddisfacente.
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