Federico Tomasoni e il ricordo da brividi della sua Matilde dopo 6 mesi: "Se ripenso a certi segnali..."

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GIOVANNI ZENONI

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Federico Tomasoni e il ricordo da brividi della sua Matilde dopo 6 mesi: "Se ripenso a certi segnali..."

Al Corriere Bergamo, lo specialista azzurro dello skicross ha raccontato il durissimo periodo dopo la scomparsa di Matilde Lorenzi, con la quale aveva cominciato una storia d'amore proprio un anno fa. "Matteo Nana mi ha aiutato tanto, non volevo più sciare e il pensiero di darsi un obiettivo come le Olimpiadi è stato importante per farcela".

Ricordi da brividi, quelli che ci regala Federico Tomasoni con un’intervista bellissima, concessa nei giorni scorsi al Corriere Bergamo da parte dell’atleta di Castione della Presolana, uno dei migliori specialisti azzurri dello skicross per il quale, la stagione 2024/25 appena conclusa, è stata a dir poco durissima dopo quanto accaduto lo scorso 28 ottobre.

La morte della sua fidanzata, Matilde Lorenzi, ha stravolto la vita di Federico e di tutta la famiglia della campionessa italiana di super-g del 2024, lasciando increduli tutti gli appassionati da quel giorno sulle nevi della Val Senales.

Un anno dopo il titolo nazionale della sua Matilde, il 27enne bergamasco ha portato a casa la medaglia d’oro agli Assoluti in Val di Fassa, unendosi nuovamente a lei in uno dei mille incroci che, come racconterà lo stesso Tomasoni, ha vissuto in questi mesi difficilissimi, unici e commoventi. “C’è stato un momento in cui non volevo più sciare, stavo malissimo anche se mi accorgevo che, tenendo fede agli impegni, poi sarebbe andata meglio – le parole di Federico – In questo su e giù continuo, ho pensato alle Olimpiadi e al fatto che tutto il mio team ha questo obiettivo: se non ci fosse questo traguardo in vista, non so se ce l’avrei fatta”.

Tomasoni ha già parlato, nelle settimane seguenti all’incidente di Matilde in quel maledetto allenamento di gigante, di quelle ore angoscianti sperando in un miracolo, “e solo a distanza di qualche tempo sono più tranquillo e riesco a parlarne, ma resterà per sempre una delle più spaventose paure che si possano provare. È stato uno shock pensare che dall’essere Matilde la donna della mia vita, con cui avrei voluto condividere ogni giorno della mia esistenza, tutto ciò sarebbe diventato solo un ricordo.

Per i primi due mesi ho vissuto in piena confusione, poi sono riuscito ad andare avanti grazie anche ad una serie di coincidenze e di fatti a cui ho ripensato; come dei segnali che si erano verificati proprio in quei giorni, è davvero una cosa fortissima rivedere e ripensare a cose vissute insieme che poi, alla luce degli eventi, hanno assunto un altro significato. Eventi quasi come premonitori del fatto che lei se ne dovesse andare”.

Federico racconta: “Il giorno prima dell’incidente Matilde era a Castione della Presolana, a casa mia, dove si era fermata per tre giorni, mentre io mi stavo allenando altrove. Da un mese e mezzo mi stava preparando un cappellino all’uncinetto e il giorno prima della partenza per la Val Senales me l’ha dato; dall’estate dormiva con una maglietta del Monte Pora addosso, ma quel giorno me l’ha ridata, così come mi ha ripiegato e ridato un pile che le piaceva tantissimo e che usava tutti i giorni. E poi, accompagnandola in quell’ultimo tragitto fino a Bergamo, dove l’aspettava il pulmino della squadra, aveva un po’ pianto raccontandomi le sue sensazioni, dicendomi che le avevo cambiato la vita e non poteva perdermi.

Matilde mi aveva mandato un messaggio la mattina presto di quel 28 ottobre, mentre la sera prima con un altro messaggio mi aveva scritto “ti amo da morire”. Sono andato a rileggermi tutta la chat ed era una cosa che non mi aveva mai inviato prima. Le ho risposto “grazie di tutto”. Si scrive così, ringraziando, quando si è alla fine di qualcosa. E insieme al buongiorno, sempre quella mattina mi aveva anche inviato le foto della pista su cui è poi caduta.

Ci eravamo conosciuti lo scorso mese di maggio ad un corso dell’Esercito e stavamo insieme da sei mesi, i più intensi mai vissuti prima. In quel tempo non ho mai trovato in lei qualcosa che non mi andasse a genio. Una relazione perfetta, ci completavamo a vicenda in un modo tale che non credo potrà mai più capitarmi. Un legame fortissimo.

Dopo un mese di allenamenti in Argentina, avevamo deciso di passare qualche giorno al caldo e, dieci giorni prima dell’incidente, eravamo stati ad Ibiza. L’ultimo giorno prima di partire mi mostra un tatuaggio con il sole e mi dice: “Guarda, mi sono tatuata te addosso, sei tu il mio sole”. È diventato il simbolo della Fondazione, chissà se un giorno me lo tatuerò anche io, magari se torno ad Ibiza”.

La Fondazione Matilde Lorenzi sta facendo tantissimo per migliorare la sicurezza sulle piste, a partire dall’impegno dei genitori e dei fratelli, con la sorella Lucrezia in prima fila; per Federico Tomasoni, “è difficile accettare che il nome di Matilde sia associato ad un ente e non a lei, per questo non sono ancora riuscito a metterci la testa. La sua famiglia ci si sta dedicando completamente, è un modo per tenere in vita Matilde.

Quando è morto Marco Degli Uomini (il giovanissimo caduto tragicamente allo Zoncolan lo scorso marzo, prima di scendere da apripista ai regionali Children), mi ha chiamato la mamma di Matilde che sentiva di non aver fatto abbastanza con la Fondazione. Anche se in questo caso il tema sicurezza c’entra poco, perché l’incidente è avvenuto nel riscaldamento di un allenamento di super-g su una pista normale, mentre Matilde è morta in condizioni diverse, fuori dalla pista.

Non intendo entrare nel merito di altri aspetti, ma di una cosa sono sicuro: tutti hanno scritto che lei fosse caduta picchiando la faccia e, invece, è caduta fuori pista. L’ho baciata fino all’ultimo istante in cui è stato possibile farlo e il suo volto era perfetto, intatto. La testa non aveva nulla”.

E ancora, tra segnali e mille pensieri a Matilde: “Proprio un giorno in cui mi sentivo un po’ giù ho rivisto la sua stessa identica e perfetta manicure, con due stelline su un’unghia, sulle mani della receptionist di un hotel. La sento ancora vicina, la ritrovo in certe canzoni o in eventi che mi capitano e mi dicono che lei c’è ancora, è qui accanto a me. Nel primo mese l’ho sognata tutte le notti, in sogno mi diceva delle cose incredibili.

Dal giorno in cui Matilde è morta, l’aspetto della fede nella mia vita si è spento. Non ho più fatto il segno della croce, ma credo che ci sia qualcosa di soprannaturale. Chi mi vede pensa che non ci sia la possibilità di andare avanti, ma io ci provo in tutti i modi. Il mio psicologo di fiducia sono le mie montagne, stare a contatto con loro, a rasserenarmi un poco sono i fuori pista a Colere dove quest’inverno scappavo non appena possibile. E poi devo dire grazie a Matteo Nana: anche lui, dopo cinque anni di fidanzamento aveva perso la sua ragazza in un’immersione nel Lago di Como.

Lui aveva 26 anni, un anno in meno di me. Mi ha detto che è passato ancora poco tempo per me, ma che la presenza di chi non c’è più si farà sentire. “Le emozioni che hai vissuto con lei le rivivrai tutta la vita, ci ripenserai spesso e ti accorgerai che la vita andrà avanti e tu tornerai a sorridere con lei nel cuore”. Sono state queste le sue parole, voglio ringraziarlo e dire che Matteo è una persona incredibile”.

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