"Il ricorso della Fis contro Johaug sembra una vendetta personale o una mossa politica"

'Il ricorso della Fis contro Johaug sembra una vendetta personale o una mossa politica'
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"Il ricorso della Fis contro Johaug sembra una vendetta personale o una mossa politica"

Nella vicenda del caso-Johaug sono arrivate da oltreoceano dichiarazioni pesanti come macigni. Le ha rilasciate Travis Tygart, avvocato e direttore dell’agenzia antidoping americana, diventato famoso soprattutto per aver recitato il ruolo di “grande inquisitore” nei confronti di Lance Armstrong, facendolo alfine capitolare costringendolo ad ammettere l’uso di doping sistematico.

È proprio la linea intransigente del quarantaseienne americano a rendere molto interessanti le parole raccolte dall’emittente Nrk.

Il numero 1 dell’Usada infatti non ha usato mezzi termini, sparando a zero contro la Fis per il comportamento tenuto nei confronti della fondista norvegese.

“Il ricorso è una perdita di tempo e di denaro. Soprattutto, è ingiusto nei confronti di un’atleta che ha già pagato a sufficienza.

C’è chiaramente qualcosa che non torna. Da un lato c’è il caso di Therese, dove la Fis ritiene troppo blanda una squalifica di 13 mesi perché l’atleta ha usato un farmaco che probabilmente non porta alcun beneficio nelle prestazioni. Dall’altro lato c’è un organizzato sistema di doping di stato, quello della Russia, creato con la chiara volontà di migliorare illegalmente le performance degli atleti, verso il quale la Fis non ha ancora preso iniziative tangibili.  

Sembra che la Fis stia cercando qualcosa di diverso dall’ottenere giustizia per gli atleti puliti. Cosa sia non lo so, ma la scelta di ricorrere contro i 13 mesi di squalifica, chiedendo una sanzione più dura, non è basata sulla giustizia.

Non riesco a capire se ci siano dietro ragioni politiche o addirittura una vendetta personale. Una corretta interpretazione delle regole indica che una sanzione di 13 mesi è adeguata, se non addirittura eccessiva.

Soprattutto ritengo che la richiesta di rendere più severa la pena sia una mossa autolesionista. In questo modo si delegittima agli occhi degli atleti il sistema antidoping, il cui compito non dovrebbe essere quello di perseguitare il più possibile chi ha sbagliato, bensì lavorare sulla prevenzione del doping”.

Nessuna risposta ufficiale da parte della Fis. Le uniche parole sono arrivate dall’avvocato Stephan Neztle, che l’ha rappresentata a Losanna proprio nel caso Johaug: “L’unico obiettivo della federazione internazionale è quello di far rispettare le regole e garantire un’equa competizione per tutti”.  

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