Il perchè della squalifica di Carolina Kostner

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Il perchè della squalifica di Carolina Kostner

Carolina Kostner, dopo essere stata squalificata per sedici mesi dal Tribunale Nazionale Antidoping, ha annunciato di voler lottare fino all’ultimo grado di giudizio per dimostrare la sua innocenza.

Nello specifico, l’avvocato difensore Giovanni Fontana ha contestato il verdetto dalla giustizia sportiva italiana ed ha annunciato un ricorso presso il Tribunale Arbitrario Sportivo di Losanna rimarcando come nella condotta incriminata di Kostner non ci fosse la piena consapevolezza dell’utilizzo di pratiche dopanti da parte di Alex Schwazer.

A questo punto, preso atto della posizione di chi è stato condannato, è lecito domandarsi da dove scaturiscano le differenti letture giuridiche tra difesa da una parte e accusa/giustizia dall’altra.

Carolina Kostner è stata squalificata in base al disposto dell’articolo 2.9 della Normativa Sportiva Antidoping, che fa riferimento alla condotta di: “fornire assistenza, aiuto  o assicurare ogni altro tipo di complicità intenzionale in riferimento a una qualsiasi violazione o tentata violazione delle NSA”.

Nello specifico, la norma violata risulta la 2.3 che recita così: “Mancata presentazione o rifiuto, senza giustificato motivo, di sottoporsi al prelievo dei campioni biologici, previa notifica in conformità con la normativa antidoping applicabile, o comunque sottrarsi in altro modo al prelievo dei campioni biologici”.

Come si evince dalla legge vigente, il combinato degli articoli 2.9 e 2.3 della Normativa Antidoping non richiede alcun dolo specifico relativo alla piena consapevolezza dell’utilizzo di pratiche dopanti da parte del soggetto cui è stato garantito aiuto nell’eludere il controllo antidoping. Conseguentemente, la violazione è consumata nel momento in cui il complice, in questo caso Kostner, mente all’ufficiale antidoping presentatosi presso l’abitazione di Oberstdorf.  La condotta di Kostner è chiaramente volta a violare l’articolo 2.3 della NSA in quanto fa si che Schwazer, in quel momento, possa sottrarsi al controllo antidoping a sorpresa.

Per questo motivo, il Tribunale Nazionale Antidoping ha inflitto alla pattinatrice una squalifica di 16 mesi, riducendo di un terzo la richiesta di pena della Procura Antidoping perchè la complicità non è stata ritenuta significativa, visto e considerato che Schwazer è stato poi testato in altro luogo a distanza di poche ore dal controllo mancato.

La difesa dal canto suo ha chiesto l’assoluzione adducendo che Kostner, nel momento in cui ha mentito all’ufficiale WADA, non fosse a conoscenza delle pratiche dopanti dall’allora compagno nella vita. Proprio su questo punto si dovrebbe fondare il ricorso presso il TAS, che, in altri casi, ha richiesto la “piena consapevolezza della condotta”.

Diritto alla mano, però, l’interpretazione data dal Tribunale Nazionale Antidoping non sembrerebbe fare una piega. La condotta incriminata non è, infatti, quella di avere aiutato il dopato Schwazer ad eludere un controllo, ma quella di avere consentito all’atleta Schwazer di eludere il controllo (articolo 2.3). La differenza, non certo sottile, tra le accezioni “dopato” e “atleta” non risulta in alcun modo rilevante ai fini della condotta incriminata in quanto non richiesta.

Anche seguire la strategia di chiedere una condanna per omessa denuncia del controllo mancato (pena inferiore), anziché per complicità (pena maggiore), sembrerebbe non reggere. Di norma, la violazione meno grave, quindi l’omessa denuncia è una condotta compresa a tutti gli effetti nella complicità, che di fatto la “assorbe” annullando la possibilità che ci sia condanna per due distinte violazioni.

In conclusione, alla luce di quanto sommariamente illustrato, il percorso che dovrebbe portare all’annullamento della squalifica appare irto di ostacoli e, salvo colpi di teatro, oggi difficilmente ipotizzabili, è difficile che possa avere un lieto fine.

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