L'addio a Cotelli di Paolo De Chiesa: "Con Mario era dura, non gli ho mai perdonato Garmisch '78... ma era un grande"

L'addio a Cotelli di Paolo De Chiesa: 'Con Mario era dura, non gli ho mai perdonato Garmisch '78... ma era un grande'
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L'addio a Cotelli di Paolo De Chiesa: "Con Mario era dura, non gli ho mai perdonato Garmisch '78... ma era un grande"

Tra i grandi protagonisti di quella "Valanga Azzurra" c'era il piemontese, da anni commentatore tecnico per la Rai: ecco tutti i suoi racconti.

Paolo De Chiesa conosce tutte le sfaccettature della nazionale guidata da Mario Cotelli, così come l'era successiva a quel decennio negli anni '70, avendo vissuto il periodo che porterà poi all'ascesa di Alberto Tomba.

Dopo la scomparsa dell'ex dt azzurro, abbiamo raggiunto telefonicamente colui che, nella sua prima stagione in Coppa del Mondo (1974/75), era stato in grado di far tremare anche Ingemar Stenmark, sfiorando sempre il successo nel massimo circuito (chiuderà con 12 podi, di cui 4 secondi e 8 terzi posti).

Che dire, il primo pensiero va alla famiglia e al fratello Chicco, al quale mi lega un rapporto d'amicizia molto forte – spiega De Chiesa – Senza Mario siamo tutti un po' più soli, eppure sino ad un paio di settimane fa stava meglio, dopo il periodo estivo di cure”.

Il libro dei ricordi parte da quel 1974 che, per il giovanissimo “Paolino”, rappresentò l'inizio di una grande avventura ai massimi livelli dello sci, proprio in pieno dominio della Valanga Azzurra, visto che erano già arrivate quattro Coppe del Mondo consecutive con Thoeni e Gros. “Avevo 18 anni e fui chiamato per un test a Livigno con la squadra A; era ottobre, ma c'era già parecchia neve e regolai Thoeni e Gros in gigante. Mario mi portò così subito in Coppa del Mondo, arrivò il 9° posto all'esordio nel gigante in Val d'Isère e quel 2° posto di Campiglio”.

E' il 17 dicembre 1974 e De Chiesa conclude alle spalle di un certo Ingemar Stenmark: sì, perchè proprio quel giorno il formidabile svedese firmò la prima delle sue 86 vittorie in Coppa, per poi alternarsi con Piero Gros in due slalom simbolo come Wengen e Kitzbuehel, che videro di nuovo il nativo di Saluzzo splendido terzo in un primo anno nel massimo circuito che sembrava poter garantire allo stesso Cotelli un ricambio immediato.

Purtroppo in gigante non riuscii più a rendere per il mio potenziale, a causa di quel famoso problema inguinale che mi causò una pubalgia mai del tutto guarita – ci racconta De Chiesa – Arrivarono altri buoni risultati, seppur senza podi, sino a quel Mondiale di Garmisch '78 che rovinò i rapporti tra noi due”.

La mancata convocazione per lo slalom iridato...

La mia rabbia fu scatenata dalla modalità. Arrivavo in auto da Brunico con il mio amico Piero Gros, e a poche ore dall'appuntamento più importante dell'anno, mi venne comunicato che non avrei ricevuto il pettorale di gara, ma quello per fare l'apripista visto che Cotelli mi disse che avrebbe corso Thoeni, che in quel periodo era in difficoltà.

Non accettai quella scelta e fui anche definito un ribelle, con lo stesso Mario che minacciò di non convocarmi per il successivo slalom di Coppa a Chamonix; io andai dritto per la mia strada, come sempre, partecipai regolarmente alla gara in Francia e tornai pure sul podio, terzo alle spalle di Phil Mahre e Stenmark.

Qual era la miglior qualità di Cotelli, al di là della durezza del carattere che spesso gli è stata rinfacciata e che ha poi portato anche all'addio alla nazionale nel '78?

Mario è sempre stato un personaggio dal carisma incredibile, un manager di altissimo livello e allo stesso tempo un padre, perchè ci voleva bene come ad un figlio. Con il passare del tempo, perse un po' il controllo della situazione perchè non riusciva ad accettare che Stenmark vincesse... sempre. Semplicemente, Ingo era troppo forte, ma lui non se ne capacitava.

Anche dopo quel '78, la squadra aveva comunque tanti buoni atleti in squadra, ma è ovvio che il paragone con la Valanga Azzurra risultò difficilissimo: oltre al sottoscritto, c'erano Edalini, Toetsch, Erlacher, Pramotton... e quel grande talento che rispondeva al nome di Leonardo David, che avrebbe potuto trascinare tutti verso l'era Tomba. Purtroppo, non fu così per la tragica scomparsa di Leo”.

De Chiesa, che partecipò poi ai Giochi Olimpici di Lake Placid 1980 e Sarajevo 1984, ricorda come la “figura fondamentale al fianco di Mario, che era bravissimo da supervisore del team, era quella di un allenatore bravissimo come Oreste Peccedi. Eravamo una squadra vera”.

Con Mario Cotelli siete poi diventati rivali in... cabina di commento.

Proprio così, ricordo i tanti anni che fece con Sky e in altri ambiti televisivi, ma venne tante volte al nostro fianco in cabina Rai negli ultimi anni. I suoi commenti erano sempre interessanti, semplicemente perchè si trattava di una persona dall'intelligenza fuori dal comune. Era un piacere ascoltarlo”.

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