Richardson, capo dell’Agenzia Antidoping Svedese, spiega la bassa frequenza dei controlli alle star norvegesi

Richardson, capo dell’Agenzia Antidoping Svedese, spiega la bassa frequenza dei controlli alle star norvegesi
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Richardson, capo dell’Agenzia Antidoping Svedese, spiega la bassa frequenza dei controlli alle star norvegesi

Fra le tante questioni che negli ultimi mesi hanno generato polemiche intorno al movimento norvegese dello sci di fondo, una delle più recenti è quella riguardante la frequenza con la quale le stelle della nazionale sono state sottoposte a controlli antidoping. Un intervento in difesa della Norvegia su questo fronte è arrivato oggi, forse a sorpresa, dalla Svezia.

Matt X. Richardson, capo dell’Agenzia Antidoping Svedese, ha infatti così spiegato i quattro mesi senza controlli di Therese Johaug e i cinque di Marit Bjørgen: “La Norvegia è il paese con più giovani fondisti che si affacciano ad alti livelli. È naturale che la priorità sia il controllo delle nuove leve. Storicamente, è più alto il rischio che sia dopato un atleta che si affaccia allo sport d’élite, passando dalle categorie giovanili a quella senior, oppure dal dilettantismo al professionismo. Fanno eccezione gli atleti vicini alla fine della carriera, per i quali il rischio torna a crescere”.
Una seconda ragione è l’esistenza dei passaporti biologici: “Per le grandi star esistono i dati del passaporto biologico, che consente un grado di controllo maggiore rispetto ai nuovi arrivati. È naturale, perciò, che la maggior parte delle risorse vengano impiegate per testare questi ultimi”.
Se atlete come Bjørgen e Johaug non vengono controllate più spesso, secondo Richardson, è dunque per via dell’elevato grado di credibilità acquisito negli anni, e della disponibilità dei dati dei passaporti biologici, che coprono un lungo arco di tempo.
Il fenomeno non è ovviamente soltanto norvegese: “Qui in Svezia, gli sport con più praticanti sono il calcio e l’hockey. Credo che da noi, in queste discipline, valga lo stesso discorso che vale per il fondo in Norvegia”.
Informato delle dichiarazioni di Richardson, il corrispettivo norvegese Anders Solheim ha così commentato: “I passaporti biologici sono l’elemento più significativo, a mio parere, per comprendere il numero e la frequenza dei controlli. Sono lo strumento più efficace per scoprire l’uso di doping in sport di resistenza come lo sci di fondo, insieme ovviamente ai test per l’EPO”.
In Norvegia, sono 140, secondo quanto dichiarato da Solheim, i passaporti biologici di atleti tuttora in attività. “In generale, esiste un passaporto per tutti coloro che ottengono risultati di alto livello in discipline dove l’uso di doping lontano dalle competizioni permette di migliorare la propria prestazione in modo significativo”, ha spiegato Solheim. “È il caso dello sci di fondo, ma anche, ad esempio, delle lunghe distanze dell’atletica leggera”.
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