Soukalova regina di coppe, Dorin regina di ori. Brillano anche Wierer e Dahlmeier. Riflessioni di fine anno, settore femminile

Soukalova regina di coppe, Dorin regina di ori. Brillano anche Wierer e Dahlmeier. Riflessioni di fine anno, settore femminile
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Soukalova regina di coppe, Dorin regina di ori. Brillano anche Wierer e Dahlmeier. Riflessioni di fine anno, settore femminile

L'assenza di Darya Domracheva - e le difficoltà di un paio di protagoniste annunciate - hanno fatto sì che la Coppa del Mondo femminile 2015-'16 non abbia avuto una protagonsita assoluta, bensì un poker di regine, spartitesi la gloria e le attenzioni mediatiche.

In autunno vi era la prospettiva che l'annata agonistica potesse risolversi in un lungo e incotestabile assolo di Kaisa Mäkäräinen.

La finlandese era reduce da una stagione in cui ha battagliato ad armi pari con la bielorussa, presasi un anno di pausa per recuperare appieno dalla mononucleosi e al tempo stesso ricaricare le energie mentali.  

Invece la supremazia sugli sci della veterana nordica è svanita, almeno fino alla tappa di Khanty-Mansiysk, a causa di ripetuti malanni che le hanno impedito di scatenare appieno i cavalli del proprio motore, rimasto lungamente ingolfato e balbettante.

Mäkäräinen alfine ha chiuso con un bilancio più che discreto, rappresentato da 4 vittorie, un bronzo iridato e il quarto posto in classifica generale. Tuttavia sul palcoscenico ha dovuto rassegnarsi a fare da spalla ad altre ragazze, capaci di disputare un inverno da protagoniste, seppur non assolute.

In primis Gabriela Soukalova, alla quale assegniamo il titolo di "Regina di Coppe". Non potrebbe essere altrimenti, dato che ha vinto la Sfera di cristallo assoluta e ben 3 classifiche di specialità.

La ceca ha ritrovato la condizione atletica migliore dopo un 2014-'15 di transizione, disputando un'annata di impressionante consistenza, figlia soprattutto del 92,4% con cui ha sparato al poligono.

Dunque la boema è diventata a tutti gli effetti una biathleta completa e una tiratrice di primissimo piano costruendo la propria solidità con il passare del tempo. Infatti nel 2012-'13, durante la sua breakthrough season, aveva una posizione in piedi estremente instabile, migliorata progressivamente sino all'attuale eccellenza.

Peraltro ha dato a più riprese dimostrazione di una notevole solidità mentale, salvandosi da potenziali debacle. Per esempio nell'ultimo poligono dell'inseguimento di Anterselva, dove dopo aver mancato i primi 2 bersagli, ha ricominciato la respirazione e mandato rapidamente a segno i restanti 3 colpi.

Oppure utilizzando di tanto in tanto una sequenza di tiro alternativa con apertura dal bersaglio centrale. Come ha spiegato il suo coach Zdenek Vitek, si tratta di un "jolly" usato per alzare la propria concentrazione in momenti in cui si sente più insicura del solito. La strategia evidentemente funziona, perché la ventiseienne mitteleuropea non ha mai sbagliato usando questa sequenza.

L'unico neo nella stagione di Soukalova è lo zero alla casella medaglie iridate. Però va rimarcato come siano arrivati due quarti e un quinto posto. Insomma, a Oslo "mancò la fortuna, non il valore".

Sarebbe bello che Gabriela possa esprimersi allo stesso livello anche il prossimo anno, per poterla vedere a confronto con Domracheva. Tuttavia la ceca ha una psiche piuttosto particolare e si vedrà se durante l'estate sarà motivata come in quella passata, in cui ha costruito la base per diventare la più forte di tutte.

La seconda protagonista è stata Marie Dorin Habert, a cui è sin troppo semplice dare il titolo di "Regina di Ori". D'altronde la francese non ha avuto rivali durante i Mondiali di Oslo, dove in 6 gare ha raccolto 6 medaglie, di cui tre del metallo più pregiato.

La ventinovenne del Delfinato era già in rampa di lancio nel 2013, ma un infortunio alla caviglia e una gravidanza le hanno fatto sostanzialmente perdere tutto il 2013-'14 e metà 2014-'15. Quest'anno ha pienamente riallacciato il discorso interrotto, dimostrandosi una contender per la Coppa del Mondo.

Il suo rendimento è stato degno della Sfera di cristallo, ma alfine hanno pesato alcuni passaggi a vuoto contro un'avversaria che non ne ha avuto neanche uno. Anche per lei, ma in un altro campo, "mancò la fortuna, non il valore".

Con il rientro di Domracheva e la crescita di altre avversarie più giovani, può essere che questa fosse l'unica occasione per mettere le mani sulla Coppa del Mondo? Possibile, ma non scontato. In tempi recenti abbiamo visto atlete competitive anche oltre alle 30 primavere che Marie scollinerà a settembre. 

Il 2015-'16 comunque non appare come un anno di grazia difficilmente ripetibile, bensì come l'inizio (ritardato) di un momento della carriera in cui la transalpina può essere considerata a tutti gli effetti una big del circuito.

La terza protagonista è Laura Dahlmeier, alla quale va conferito il titolo di "Regina di Spade", perché se ne ha avuto la possibilità ha sempre affondato il colpo. La tedesca ha vinto più gare di chiunque altra (5, compreso l'oro iridato nell'inseguimento), raccogliendo medaglia in ogni prova dei Mondiali. Purtroppo per lei, e per lo spettacolo, le hanno sovente fatto compagnia i bacilli.

Costretta a svariati forfait, la ventiduenne bavarese non ha potuto competere per la Coppa del Mondo, ma indubbiamente potrà rifarsi negli anni a venire. D'altronde anche Soukalova, prima di trasformarsi nella roccia attuale, era famosa per ammalarsi di continuo...

Infine, quarta e ultima protagonista, Dorothea Wierer, a cui va concesso il titolo di "Regina di Cuori". (D'accordo, fino a questo momento abbiamo usato semi spagnoli e in ultimo si vira su quelli francesi, ma la metafora lo richiede). Per trovare un'italiana con risultati comparabili (3 vittorie, 10 podi, terzo posto in classifica generale e Coppa di specialità dell'Individuale) bisogna scomodare Nathalie Santer, ormai prossima a cedere lo scettro di biathleta azzurra più grande di sempre alla ventiseienne di Rasun-Anterselva.

Regina di cuori perché l'eccellente rendimento ha permesso alla punta di diamante del movimento italiano di aumentare a dismisura il numero dei suoi fan, tanto da far breccia a livello globale e diventare una delle donne più popolari del circuito. Infatti Dorothea sta diventando un personaggio nazionalpopolare in Italia, ma lo stuolo dei suoi tifosi si estende notevolmente anche in Russia e in Germania.

In particolare a Ruhpolding la finanziera altoatesina veniva considerata dallo speaker e dagli appassionati come se fosse una tedesca, in totale antitesi con il trattamento ricevuto dai teutonici da parte del pubblico italiota, subito pronto a scagliarsi contro i "crucchi" per ragioni di mero passaporto, figlie principalmente di ignoranti logiche derivanti da una presunta rivalità di natura esclusivamente calcistica.

Wierer è finalmente riuscita a esprimere appieno tutto il suo potenziale, crescendo di colpi sugli sci e mantenendo con costanza una precisione vicina al 90%. I rapidissimi tempi di esecuzione al poligono le hanno poi permesso come sempre di tamponare i secondi persi nel fondo.

Ricorda molto l'identikit della prima Martina Glagow, ragazza capace di rimanere ai vertici del circuito per quasi un decennio. Resta da capire se l'azzurra sia vicina ai propri limiti, oppure se abbia ancora margine di miglioramento. Solo il futuro potrà rispondere al quesito. Di sicuro c'è che Dorothea ha la possibilità di trovare la propria dimensione al vertice del circuito, ripetendo anche in futuro ciè che negli ultimi mesi ha accresciuto esponenzialmente la popolarità del biathlon in Italia.

L'Italia del biathlon però non è solo Wierer, anzi. Karin Oberhofer non si è riproposta sul livello del 2014-'15, disputando una stagione complessivamente inferiore a quella precedente, ma non per questo negativa. La trentenne della Valle Isarco ha comunque messo in mostra grande consistenza, entrando fra le prime venti della classifica generale seppur senza un vero e proprio acuto.

L'exploit da podio invece è stato firmato a sorpresa (ma non troppo) da Federica Sanfilippo. Che la venticinquenne della Val Ridanna avesse tutte le carte in regola per essere competitiva anche nel massimo circuito lo si era capito da tempo. Almeno, qualcuno lo aveva compreso da parecchio, altri invece preferivano ignorarla.

Fattasi strada fra l'indifferenza dei più a suon di risultati nel livello cadetto, la poliziotta di Racines ha cominciato il 2015-'16 con il botto, chiudendo seconda nella sprint di Östersund. Ha raggiunto così in anticipo rispetto al previsto un traguardo di assoluto prestigio. Purtroppo, dopo altri buoni risultati, la sua seconda metà di inverno sostanzialmente non è esistita a causa di un persistente virus che l'ha debilitata da gennaio in avanti.

Una cosa però è certa: Federica è una ragazza di sicuro talento su cui vale la pena di investire poiché ha i connotati della late bloomer. Per lei le top ten di questa annata agonistica non sono state un caso, ma l'inizio di una nuova carriera.

Stagione dai connotati completamente opposti invece per Lisa Vittozzi, decisamente più competitiva da Anterselva in poi. La ventunenne veneta di scuola friulana ha impiegato parecchio tempo per ingranare, arrivando solo a fine gennaio a quel rendimento a cui era attesa da inizio dicembre. Tuttavia il suo bilancio è comunque positivo e quanto visto da febbraio conferma tutte le qualità di una ragazza destinata a diventare una biathleta di vertice.

La sorpresa del team azzurro è Alexia Runggaldier, preparatasi al di fuori delle squadre nazionali, appoggiandosi alle Fiamme Oro di Moena. La ventiquattrenne gardense ha firmato la sua miglior annata di sempre, facendo persino breccia nella top ten nell'individuale iridata. Il talento al tiro non è in discussione, quindi ci sono tutti i presupposti perché possa mantenersi su questi standard anche negli anni a venire.

Sostanzialmente in casa Italia è mancata la sola Nicole Gontier, affossata da percentuali pessime (soprattutto a terra) e da un passo decisamente poco competitivo. Durante l'estate sarà imperativo risolvere i problemi in piazzola per recuperare la valdostana che, solo quattordici mesi orsono, ha testimoniato di essere carta da top ten o addirittura da podio.

La ventiquattrenne dell'Esercito è stata l'unica delusione del movimento italiano, ma di certo nel resto del mondo c'è chi ha fatto decisamente peggio. Stiamo ovviamente parlando di Valj Semerenko, lontana parente dell'atleta riuscita a chiudere terza la classifica generale del 2014-'15.

Infine, una menzione d'onore per le polacche Krystyna Guzik-Palka e Magdalena Gwizdon, capaci di riprendersi dopo un inverno totalmente anonimo. La prima in particolare ha disputato a 32 anni una delle migliori stagioni della carriera, la seconda - all'alba delle trentasette primavere - ha chiuso 25 gare su 26 in zona punti. La fantastica classe del 1979 continua a colpire.

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